martedì 27 ottobre 2015

oggi


Dunque eccomi qua.

Oggi un po’meglio di ieri.

Ho camminato poco, per via dei dolori che mi hanno spaccato la schiena per tutto il giorno. Ma spesso è solo la paura del dolore a bloccarci e allora con Cassie provo a mobilizzare le gambe, piegandole su e giù, spostandole sul materassino gonfiabile. Sono rigide ma fanno meno male. La mattinata scorre. Riesco a leggere: anche se sono consapevole che non sarà il libro della mia vita è comunque coinvolgente e questo mi basta per far passare il tempo senza guardare troppa televisione. Soprassedendo sulle serie poliziesche in fotocopia che girano a ripetizione su Giallo e Crime, finisco a guardare Settimo Cielo e Royal Pain ma alle dieci arriva la psicologa con un buon caffè preso al mio bar e tutto si cancella: posso persino parlare del romanzo, di un film che ho visto mantenendo la concentrazione per quasi due ore, del fatto che mi sono addormentata nonostante volessi sentire l’intervista a Francis Ford Coppola (mi sono arrabbiata così tanto da piangere di frustrazione, per poi scoprire che con una connessione decente si può recuperare direttamente dal sito della rai). Lei, la psicologa, è strana burrosa e mi sembrava di perdere fiducia da quando ha fatto strani ragionamenti sull’estromettere Cassie dal team che mi segue. Cosa farei io senza di lei, cioè dove sarei? (impossibile). Ha voluto prendere appunti su una storia clinica che nemmeno io capisco molto a fondo se non per quel che mi arriva in allarmi smozzicati. E allora ho pensato che volesse in qualche modo fregarmi, rinchiudermi in una residenza fiorita e tanti saluti. Ma questo è stato la settimana scorsa, avvolta in una nuvola grigia. Oggi la fisioterapista dice che ce la posso fare per la metà di novembre, anche se le scale e la strada fino alla fermata dell’autobus mi sembrano un compito impossibile. Venti minuti di girello e mi metterei a ululare, colpa della terza frattura e del bacino non ancora saldato.

Controllo le mail: solo una, privata dalla piccola Jane “Non essere negativa” scrive “ Non ti dimenticheremo, perché ti vogliamo bene”. L’ufficio mi pare un luogo lontano anni luce, anche solo per la possibilità di sedermi per tutto il pomeriggio alla tastiera ma prometto a me stessa e agli altri che mi vogliono ascoltare che tornerò, e intanto continuo a lavorare. Se non ci sono testi, li creo cercando artisti su internet col telefonino. Ho voglia di buttare giù una scheda, anche se nessuno me l’ha chiesta:

“Le ultime opere di Carlo Cordua hanno l’aura calma e i toni caldi delle vedute di Bordighera firmate da Monet nell’Ottocento, marine profonde che a volte, nel dinamismo del particolare, sfiorano l’astratto nel gioco di luci e trasparenze restando però su di un piano in cui le onde, il sole e le scogliere assumono lo stesso valore materico impalpabile grazie a una gamma limitata di colori.Pastelli su tela che rendono l’intensità dei tramonti, alberi in mezzo ai campi piegati dal vento, solitari come sentinelle. Sono insieme simbolici e reali, con chiome verdeggianti o puntiformi: reali quanto i sugheri portoghesi di Peixoto o le campagne nelle foto paesaggistiche di Giacomelli, ma anche e soprattutto simbolici perché mai come in questo caso si ergono come tramite tra terra e cielo, diretta rappresentazione lignea dell’uomo. Non a caso le piante, in questi lavori, diventano spesso creature antropomorfe o, quasi in antitesi, personificazioni divine, sinonimo della dicotomia tra logico e illogico.”

Mi fermo qui perché ho esaurito gli argomenti e comunque spingermi oltre non avrebbe molto senso: dev’essere un assaggio per invogliare Jane a dare un’occhiata, niente di più dato che per ora tutto resta nel limbo delle mie idee.

Mi fermo, quindi, anche perché comincio ad essere stanca della posizione e penso di aver buttato fuori abbastanza per un solo giorno. Sono quasi le sette, ora di Doraemon in tv poi, cosa mi aspetta? Un’altra puntata di “Emma” o chiuderò gli occhi per un po’? Non è vero che non sto facendo nulla. Non sono riuscita a dormire prima che Lidia arrivasse perché ho cercato video su YouTube: film e anime ambientati in epoca vittoriana. Qualcosa trovo ma molto è in giapponese ed io non me la sento, non in questo momento almeno. Ho un blocco, come se le mie orecchie rifiutassero di funzionare, per cui mi limito all’italiano e la scelta si assottiglia di molto ma verrà il momento – sono fiduciosa – in cui riuscirò a vincere anche questo ostacolo  

lunedì 19 ottobre 2015

SWEET JANE


Dunque che posso dire? Jane chiede se ho letto qualcosa e io reprimo un’ onda di panico, no di terrore perché non ho nulla da rispondere. Vorrei chiudere gli occhi, non ricordare quanto tempo ho ancora da scontare; vorrei cancellare i discorsi sul tono muscolare e le merende fatte con un ragazza che non conosco.

Jane, così dolce. Devo trovare argomenti di conversazione: manga da commentare o anche solo l’anime che sto guardando in streaming usando il telefonino perché il computer funziona poco e male. Me lo ha portato, il piccolino, dall’ufficio ma ancora non so se potrò usarlo, o quanto meno attaccarlo alla corrente. Ora sì, potrei dire qualcosa di interessante: Clarice Lispector fa sempre bella figura in una libreria almeno quanto un tentativo di Italo Svevo o l’abortito  laboratorio su Calvino al quale forse non avrei nemmeno voluto partecipare ma che, visto che sono bloccata, mi sembra la Mecca irraggiungibile prima di qualsiasi vetta. Il gioco letterario doveva essere un sollievo e invece è una frustrazione, dato che non si procede che per errori e le cose da imparare sarebbero così tante da riempire mille quaderni: non ho la pazienza né l’intenzione, solo la voglia – adesso irrazionale – di scrivere su un artista. Mi basterebbe pescare nel web, guardare su face book, girare su qualche blog sconosciuto e poi dare i nomi alle mie colleghe perché guardino, capiscano, contattino ma il lavoro di ricerca forse non è mio – riprenditi! Di chi dev’essere altrimenti.

E poi dice, Jane, se ho aggiornato i miei racconti. No, se anche lo facessi, se avessi voglia di qualcosa che non di sbricioli e non si sciolga come un gelato al sole, cercherei di mettere insieme parole ma, qualsiasi cosa io scriva, si avvita su se stessa senza un costrutto e quindi posso solo ripeterle «Oh Jane, sei così dolce!» Si è truccata per venire, un lieve lucida labbra e un po’ d’ombretto chiaro, un dolcevita verde e i jeans. Mi piace la sua giacca, anche se a me il marrone non sta bene, anzi mi piace proprio per questo, perché è addosso a lei e non a un’altra e vorrei accoglierla bene, anche se speravo che mi avesse portato la Nemirosky da leggere – ma ci sarei riuscita? – Devo andare avanti con le pagine, impormi un ritmo se non voglio sprofondare. Pesino le serie mi creano problemi, ma è solo questione di ricreare una routine diversa, magari comprare una chiavetta da 16 GB e spararmi tutto Grey’s Anatomy con buona pace dei miei neuroni scintillanti: una puntata, due. Sto guardando un sacco di documentari sulla Rai. Penso sia giusto pagate il canone in bolletta, basta che diventi effettivamente meno caro.

Vorrei alzarmi, andare in cucina, bere, mangiare, leggere ancora un po’ prima che arrivi la fisioterapista. Gli esercizio mi stancano, no mi scoraggiano anche se poi ci sono progressi e tra qualche giorno  avrò un girello per muovermi in casa. Uscire? Le conferenze? Non sono nemmeno sicura che riuscirei a prendere appunti mantenendo la concentrazione, dato che sarebbero comunque in un’ora “da bar”. Oh quanto mi manca il bar! Il tempo fermo dopo il lavoro, una vacanza premio che mi coccola con un caffè.