sabato 29 giugno 2013

CHRONO CRUSADE


 




Mi sono avvicinata a “Chrono Crusade” incuriosita dalla caratterizzazione dei personaggi e pinta da un interesse derivato dalle mie ricerche sulla “Religione armata nei manga” .

“Chrono Crusade” s’inserisce perfettamente in quel prolifico filone  del fumetto giapponese che da un  paio d’anni esplora le potenzialità narrative della religione cattolica: sono ormai molti i titoli che chiamano in causa la Chiesa nella consueta battaglia contro il male.

In particolare, il lavoro di Daisuke Moriyama è interessante soprattutto per l’ambientazione nell’America degli anni ruggenti, poco prima della Grande Depressione, anche se va precisato che lo sfondo storico, soprattutto nel manga, viene assorbito dallo svolgimento della vicenda giungendo quasi ad annullare l’accuratezza delle ricostruzioni paesaggistiche e topografiche.

Un’analisi dei diversi personaggi potrà chiarire i punti di contatto con altre serie del genere, mostrando al contempo le peculiarità di quest’opera.

Rosette Christopher è una sorella dell’Ordine della Maddalena ,che agisce tra New York e San Francisco combattendo i demoni generati dal miasma infernale che si configura come un’ondata di attività energetica concentrata in determinate zone della nazione → Simile ai Naraku sparsi per il mondo dalla materializzazione dello spirito in “Ga-Rei”: le aree metropolitane distrutte e successivamente popolate di entità soprannaturali sembrano è in un certo senso complementare al Pandaemonium, concetto centrale in C. C.
 
Sia nel manga sia nell’anime, il temine indica tanto il luogo in cui risiedono i demoni – ossia la Gehenna classica ripresa anche nel celebre “Angel Sanctuary” della principessa del gotico Kaori Yuki –  quanto la loro madre, un corpo (o meglio, una testa) che non può sopravvivere senza un umano ospitante che deve essere periodicamente sostituito. Nell’epoca in cui si svolge la storia, il “contenitore” – opportunamente incatenato al muro in una stanza segreta – è Lilith, e anche l’iconografia utilizzata richiama quella della demonologia medievale legata a questo personaggio. Come posto fisico però, il Pandaemonium presenta alcune peculiarità interessanti, che rimandano a daltri cartoni animati. Perché si ricreino le condizioni ideali per la proliferazione del caos sulla Terra, è necessario decriptare un codice contenuto in una sfera virtuale, elaborata dagli scienziati del gruppo dei demoni (e in particolare da Shader, una ragazza con le tipiche orecchie da gatto – concessione gratuita al filone delle mimi shôjo!):  (1) La forma sferica dei piani suo quali si sviluppa il codice ricorda il Professor Cuzco che in “Capitan Harlock” (Leiji Matdumoto) svela il significato dei glifi maya incisi sul “pennant” inviato dalle forze aliene; (2) La fusione tra mito religioso e sapere scientifico è una delle tematiche fondamentali di “D- Gray Man” (Katsura Hoshino), in cui l’apertura dell’Arca da parte dei Noah dipende dallo sviluppo di un programma informatico e d’altronde i punti di contatto tra “D-Gray” e l’opera di Moriyama sono davvero tanti, a partire dalla struttura degli schieramenti,con la differenziazione dei due che si fa sempre più labile man mano che la storia procede.

Tornando a Rosette, dai commenti che chiudono il primo volume, s’intuisce che inizialmente doveva trattarsi di una ragazza disperata che piangeva per le proprie disgrazie, ma evidentemente in fase di realizzazione l’autore si è parecchio discostato dall’idea originale. La protagonista è, infatti, un maschiaccio che ama mangiare e provare le nuove armi inventate da Elder, lo scienziato della congregazione – un misto tra i tecnici di 007 e il dottor Thunderland Jr di “Letter Bee”. 

Quali possono essere i cardini della caratterizzazione di Rosette? Forse di possono rintracciare alcuni aspetti di Eda, della Chiesa della Violenza, ma qui manca l’impostazione seria (seinen) di “Black Lagoon” (Rei Hiroe) e c’è più spazio per la gag  e uno stile di combattimento “in progressione” puramente shounen, cioè simile alla logica sequenziale dei videogiochi.

Se si considera il fattore “divertimento”, Rosette ha molto in comune con Excel – tanto che ho controllato se l’autore di “Chrono Crusade” era per caso Koshi Rikdo! – sia nei tratti fisici sia nel comportamento; soffermandosi invece sul versante dell’azione, il referente più prossimo – specie negli episodi centrali – potrebbe essere il celeberrimo “Bleach” di Tite Kubô, soprattutto per gli impianti ossei e le maschere dei nemici inviati da Pandaemonium sotto la guida di Aion(parente de il Palazzo? – di Rikdo?)








Questi, pur avendo tutte le caratteristiche dell’antagonista per antonomasia, non può essere definito come completamente malvagio. La stessa ambiguità che caratterizza i personaggi di molte serie dei genere sovrannaturale / religioso  da Alucard di “Hellsing” (Hirano Kôta) ad Abel Nightroad di “Trinity Blood” (Kujo Kyujo); da Aleister Crowley di “D-Gray Man” al più recente “Blue Exorcist” (Kazue Katô). L’esempio più chiaro di questa ambivalenza è Allen Walker, protagonista di “D-Gray Man” che, pur essendo un esorcista, è in realtà la personificazione del quattordicesimo Noah, colui che “distrugge per creare”,  Aion, il cui scopo è fondare un nuovo ordine mondiale, non è negativo in senso assoluto ma è piuttosto la controparte di Chrono, il protagonista della serie e Rosette – pur essendo la reincarnazione di Maria Maddalena, capace di fare miracoli grazie alle sue stigmate – non può dirsi del tutto buona.
 

Da bambina, Rosette trova il demone Chrono intrappolato in una grotta e, intuendone l’indole buona, stringe con lui un patto (contratto) e lo libera dalla sua prigione. Si tratta del classico espediente narrativo del sigillo che trattiene l’impulso devastante di una creatura sovrannaturale: è un tema utilizzato in un numero infinito di fumetti e anime, da “Ushio e Tora” (Kazuhiro Fujita) a Inuyasha (Rumiko Takahashi); da Guren (Shonen Onmyoji) fino Saiyuki (Kazuya Minekura).

Se questi possono essere i precedenti eccellenti, il linguaggio e l’iconografia di C. C. devono molto ad altre serie più recenti, soprattutto per quanto riguarda l’ambiguità di Chrono:
 
1)      Il ruolo complementare di Aion rispetto a Chrono è evidente già nei nomi dei personaggi, entrambi tratti dalla mitologia greca per rappresentare due entità gemelle che regolavano il Tempo e tale aspetto si riflette anche nell’orologio come simbolo del legame tra servitore e contraente, esattamente con le modalità e la terminologia  usate in “Pandora Hearts” (Jun Mochizuki) per sancire il vincolo tra Alice e Oz Vassalius: il movimento delle lancette sul quadrante dipende dall’approfondirsi del rapporto tra l’essere infernale e l’umano e determina la lenta consunzione della vita di quest’ultimo
2)      Per quanto riguarda la grafica, il costume ricorda molto gli indiani americani e s’inserisce quindi su un’ideale linea di continuità con altri soggetti del genere, ad esempio lo spirito del fuoco Guren in Shônen Onmyôji o Hao, il più potente sciamano di “Shaman King” (Hiroyuki Takei), affiliato alla tribù nativa del Clan delle Stelle.


 







La complementarietà di Aion / Chrono e il richiamo all’antagonismo tra i due fratelli Asakura nel lavoro di Takei riporta a una sottotraccia fondamentale di C. C., ossia la conflittualità tra fratelli. Questa dinamica, infatti, interessa la maggior parte dei personaggi, creando così delle coppie in contrapposizione.

Per ciascun individuo, il valore universale della lotta contro il Male è sempre accompagnato da una motivazione personale, ad esempio Rosette è alla ricerca di suo fratello Joshua rapito da Aion ed entrato in possesso del potere che pietrifica il tempo, grazie alle corna demoniache strappate a Chrono. Il nome “Joshua”, versione anglicizzata di “Yeshua” cioè il Gesù della tradizione ebraica, rafforza il ruolo di “portatore di Cristo” già esplicitato nel cognome “Christopher” e pone l’adolescente sullo stesso piano di Aion. Infatti, anche se nel manga la sovrapposizione non è chiara, nell’anime il capo dei demoni pronuncia la frase “Eloi, Eloi lama sabactani”, il famoso “Dio, dio perché mi hai abbandonato?” invocato sulla croce ed è definito come “l’ombra di Dio nata dal desiderio”.  Alleandosi con i Peccatori, il ragazzo perde quasi completamente la memoria riguardo al passato ma conserva la purezza propria della sua condizione di Apostolo della Speranza. Questa categoria d’individui, presentata anche nel manga, ha un ruolo centrale nell’anime: essi rappresentano le sette virtù in opposizione ai setti vizi capitali, secondo lo schema “uno a uno” tracciato anche in “D-Gray Man” (Katsura Hoshino)“Ultimo” (Hiroyuki Takei) ma nell’opera di Moriyama le caratteristiche saliente di ciascuno, funzionali al ruolo specifico nella battaglia, si perdono in favore delle dinamiche personali che approfondiscono l’analisi psicologiche degli eventi. In questo senso, la qualità di eletti, costituisce un ennesimo legame tra Rosette e suo fratello, riaffermando contemporaneamente il ruolo della suora come incarnazione, e quindi erede, di Maria Maddalena (Maria Magdalene), una fanciulla pura che sessantenni prima dello svolgimento della storia (1870) aveva accettato il suo destino di santa salvifica stipulando un patto con Chrono e immolandosi così al flusso delle anime (la Linea Astrale) che doveva aprire la via al caos del Pandaemonium.
Nel presente, Rosette raccoglie il ruolo che era stato di Maria Maddalena, fondatrice dell’Ordine, e – soprattutto nell’anime si trasforma in una nuova profetessa miracolosa, osannata dalla folla e protetta da Aion (la situazione ricorda un po’ la sollevazione popolare di “Texnolyze “ con al centro la veggente Ran; e si possono trovare analogie anche con gli ultimi sviluppi de “I signori dei mostri” dove i protagonisti sono costretti a scappare, attorniati da persone improvvisamente ostili). In questo modo si sostituisce ad Azmaria Heldrich, la prima candidata individuata dal capo dei Peccatori per il nuovo sacrificio.



Nell’anime, l’aspetto salvifico di Rosette è molto più accentuato che nel manga ed è funzionale a inserire i personaggi in un preciso contesto sociale (quasi assente nella versione cartacea). La presenza di una massa di disperati adoranti, spiega chiaramente il titolo “Chrono Crusade”, mentre nel fumetto questo resta oggetto d’illazioni di vario tipo: la collettivizzazione del culto porta alla nascita dei “crusader” (crociati), ossia degli estremisti che emulano le stigmate della nuova santa (seijo). Partendo dai dati che si raccolgono nell’opera originale si potrebbe pensare che il titolo si riferisca al lungo percorso di formazione del demone “Chrono”, inteso qui in senso lato anche come personificazione del Tempo; inoltre Moriyama associava l’idea di redenzione quasi esclusivamente ad Az, che rappresentando la Carità, ha il suo potere risiede di curare qualsiasi tipo di ferita e di erigere barriere spirituali (le kekkai che sono fondamentali in qualsiasi anime del genere sovrannaturale) grazie al suo canto angelico. Per tracciare i contorni del personaggio si possono prendere alcuni punti di riferimento partendo da tre assi diversi:
 
1)      Come cantante dalle doti straordinarie, il paragone più prossimo è senza dubbio Suu di “Clover”, la ragazza imprigionata in una torre a causa dei suoi poteri ESP, che poteva “uscire” solo metaforicamente, librandosi nell’aria grazie alla sua splendida voce. Seguendo questo filone, un’altro riferimento  potrebbe essere  un misto tra Alyssa Searrs e Miyu, due guerriere dell’anime “Mai-HiME” (e dello spin-off “Mai Otome”) che viene definita “canarino”. Il legame di ciascuna eroina di questo anime con una particolare pietra permetterebbe di trovare una collocazione coerente di Azmaria nel gruppo d’attacco costituito dal trio Rosette / Chrono / Satella.
2)      Come esorcista creatrice di barriere, potrebbe ricordare Miranda Lotto (“D-Gray Man” Katsura Hoshino) e la sua capacità di formare bolle temporali → Per altro, questa lettura avvicinerebbe il personaggio di Az all’argomento principale della storia, cioè il rapporto universale tra Spazio e Tempo.
3)      Dopo aver conosciuto Rosette, Az viene condotta all’Ordine e manifesta il desiderio di prendere i voti per diventare esorcista e combattere attivamente il Male. Ponendo in relazione l’aspetto infantile con il contesto religioso, si arriva inevitabilmente a Index  di “A certain magical Index”(Kazuma Kamachi / Chûya Kogino), in cui la protagonista – che somiglia molto ad Az – è una piccola monaca che ha memorizzato l’intero corpus dei libri proibiti; ma si notano anche somiglianze con Sorella Athena, una delle tre suore che, nell’anime di “07-ghost”, lavorano nella accademia militare /chiesa di Barsburg.


In ultimo, considerando solo la collocazione di Azmaria Hendrich sul piano geografico e cronologico – in Portogallo – la si trova coinvolta nella rivelazione del terzo mistero di Fatima, quello relativo all’attentato al papa.

Dopo essere rimasta orfana, viene adottata da Ricardo Hendrich, un domatore di demoni che ha intenzione di usare i poteri della ragazza per resuscitare la moglie defunta, ma in realtà ormai lo stesso Ricardo è un cadavere, manovrato dal Male e spinto solo dal tornaconto personale. La scena in cui Az scopre la verità sul patrigno mostra chiaramente l’influenza iconografica e concettuale di “Fullmetal Alchemist” (Hiromu Arakawa): (1) il corpo dell’uomo tenuto in vita da una serie di tubi ricorda molto Father che, prendendo le sembianze di Hohenheim della Luce, crea tutti gli homunculus con lo scopo di preservare la propria immortalità → Il rimando all’alchimia non è casuale e consente di citare qui “ Baccano!”, una serie che ha diversi punti di contatto con C. C., primo fra tutti l’ambientazione nell’America degli anni Ruggenti, oltre al passaggio da light novel ad animazione (e il possibile legame tra le due serie è reso esplicito dalla tredicesima puntata di C. C. [Marionette Train] che propone una situazione simile a quella di “Baccano!”).

Per quanto riguarda invece le somiglianze con “Fullmetal Alchemist”, la più vistosa è probabilmente costituita dalla foggia delle divise dei membri maschili dell’Ordine della Maddalena, molto simili a quelle degli Alchimisti di Stato. (2) La peculiare ucronia del primo film di FMA (Il Conquistatore di Shaballah) si colloca nella calendario reale, nel 1923 mostrando quindi un’ambientazione simile a quella di C. C. (3) Uno degli agenti operativi dell’Ordine è Padre Ewan Remington: il nome lascia intuire la sua complementarietà rispetto a colonnello Roy Mustang, l’alchimista di fuoco di FMA, mentre l’aspetto (è biondo con gli occhi chiari) rievoca Fea Kreuz di “07-ghost”, un sacerdote /soldato con la capacità di manipolare le anime. Inoltre, nel manga viene approfondito un aspetto del suo passato che lo inserisce perfettamente nella schiera di personaggi ambigui che già ho citato in riferimento alla dicotomia Bene / Male: in un flashback si apprende che il sacerdote, essendo stato ferito, aveva accettato l’impianto di cellule demoniache rigenerative. Probabilmente a causa di tale ibridazione, ha sviluppato particolari abilità di combattimento tra le quali sembra esserci anche il teletrasporto.  

Tornando ad Azmaria, è difficilissimo trovare degli indizi sull’origine dei nomi che, pur dovendo essere portoghesi, non lo sembrano. Il padre ha un quasi omonimo nella terza stagione della serie poliziesca “Th Wire”, in cui compare il personaggio di Ricardo Hendrix (2004), mentre il nome “Azmaria” è un totale mistero: l’unica assonanza è con la modella AzMarie Livingston che però non somiglia per niente alla nostra eroina! Per il cognome, non ci sono piste sicure da seguire perché da una lingua all’altra le traslitterazioni cambiano (Hendric – Hendrich – Hendrick o addirittura Hendrix).

Nella sua nuova residenza, Joshua è accudito da una servizievole cameriera – Fiore – anche lei strappata a una vita precedente nella quale si chiamava Florette ed era la maggiore delle sorelle Harvenheit.

Ecco allora che si crea un’altra coppia di rivali che va ad arricchire il sottogenere del futago manga – fumetto di gemelli – che conta numerosissime declinazioni e titoli anche illustri tra i quali il più noto e il più vicino alle tematiche di C. C. è forse “Inuyasha” (Rumiko Takahashi). Infatti, proprio come Rosette è alla ricerca del suo fratello scomparso, anche Satella (Stella?) non ha rinunciato a rivedere la sorella ridotta a una fredda bambola sterminatrice, che utilizza i suoi poteri di strega dei gioielli (“jewel sommoner”) al servizio dei peccatori e, persino nello scontro decisivo, non esita a colpire la sua famiglia. Qui comunque l’approfondimento psicologico dei personaggi sparisce quasi completamente, in funzione degli stereotipi moe sulle ragazze in divisa da cameriera (con tanto di collare sadomaso!)

L’utilizzo dei gioielli come veicolo per richiamare gli spiriti è il perno di “Adamas” (Ryoji Minagawa), un altro manga in corso di pubblicazione nel quale l’impostazione shônen (una combattente/maga per ogni pietra) si sposa con un disegno più maturo e lascia poco spazio agli eccessi scenici tipici dei fumetti per ragazzi, che invece predominano in C. C. Satella è in grado di evocare una possente armatura e di manovrala con formule in tedesco che si rifanno alle stagioni. Inizialmente, il Cavalcatore di Gioielli (Ritter Juwel”), all'apparenza molto simile all'oversoul Bason evocato da Ren in Shaman King,  doveva essere il maggiordomo Steiner che, sciogliendo il sigillo avrebbe assunto di nuovo la propria forma autentica senza poter tornare indietro; tuttavia questi dettagli sono stati cancellati da Moriyama che ha preferito creare due figure separate, senza approfondire la storia personale del cameriere che, con il suo aplomb professionale, entra a far pare di una nutrita schiera di suoi “colleghi” – dal domestico di Reika del già citato “Adamas” a Nagaishi di “Occhi di Gatto” (Tsukasa Hojo) (in questo modo è rimasta traccia della sua essenza di cavaliere solo nel cognome Munchausen). Satella è la classica bella ragazza combattente che non può ormai mancare in un’opera giapponese: Moriyama, infatti, condisce la complessità della storia con scivolate nel classico fan service che svela e non svela.

 







Proprio qui sta il limite di questo manga, nella complessità: si ha la sensazione che ci sia troppo materiale compresso in otto volumi e che le scene si susseguano in modo troppo concitato, senza che le diverse sottotrame si sviluppino in maniera lineare e compita. In questo senso l’anime, che segue un plot diverso e giunge ad un altro finale (che mi è piaciuto di più) è decisamente compatto. Secondo l’autore, mentre la versione a fumetti rappresenta l’universo privato dei personaggi, quella animata si attiene a una sola linea temporale degli avvenimenti, toccando la storia reale con riferimenti precisi (il massacro di S. Valentino avvenuto a Chicago, il maggio di sangue di Berlino, i moti di Palestina e la Grande depressione). I risultati sono di gran lunga migliori, anche grazie a un ottimo comparto tecnico che ha curato molto l’animazione e la realizzazione del character design: in questo ambito, Kazuya Kuroda ha rimodellato le linee troppo anonime dell’originale, integrando soggetti in movimento e paesaggi. 

 

 

 

Manga: (voto complessivo = 6 ½)

Disegni: 6

Storia: 7

 

Anime: (voto complessivo = 7)

 
http://youtu.be/LyIApHiGv2w
 

 

 

 

 


mercoledì 26 giugno 2013

BLACK QUEENS, LONELY KING - Tales from Tenochtitlán #1


 


«Voglio farmi un tatuaggio grande, ma prima devo informarmi e farmi fare un preventivo». – Non so perché mi sono lasciata prendere dal gusto della provocazione.

«Chiederò a Brandon: lui conosce uno che è bravo anche a disegnare i visi». – Parlo a ruota libera, osservando la faccia di Phoenix cambiare colore «... E capisci – come dice una mia amica se Ponyo la fai male, poi sembra un uovo al tegamino con gli occhi. O un rospo con la faccia! ». E qui non siamo nella fiaba di Lily e il Principe Ranocchio. Lei sbotta, com’era prevedibile: «Ma perché vuoi rovinare il tuo corpo? Ma perché rifiuti la femminilità?» Lei a sessantenni si è tinta di biondo per scoprire una seconda giovinezza (matite colorate e storie take-away). Io non sono così: per un motivo ignoto, mi urta tutto ciò che ha a che fare con “quelle cose poco igieniche” e con la generale “meccanica dei fluidi”.

Mi sciolgo dal suo passo marziale. «Ok, basta. Chiudiamola qui» M’allontano da sola, lasciando indietro una minuscola figurina interdetta.

Eravamo andate insieme alla festa di un’amica brasiliana. Calore solare nonostante il freddo polare che spazzava i giardini marmorizzati. Un occhio d’argento malato brillava nel cielo di cobalto, invitando Cappuccetto a trasformarsi in Lupo.

Bastano pochi giri di bossa per animare la serata. Il locale si era riempito di gente «Siamo venuti dai cinque continenti! Ora sentiamo una canzone indiana» dice qualcuno nel microfono regalando il classico quarto d’ora di celebrità a tipo che vende rose e cappellini luminosi. S’improvvisa una coreografia bollywoodiana che sfocia in Volare (Oh-oh) e le mulatte si mescolano in cerchio a sontuose principesse africane con i loro abiti vivaci.

Vassoi speziati circolano sui tavoli ed io riempio due piatti di riso e fagioli neri, pollo peruviano e torta di maíz paraguya (che si chiama “zuppa”, ma “zuppa” non è).

Uscendo nella notte buia portavo fieramente le provviste per Cassy come fossero doni sacri, avevo i crampi e le dita viola ma non ho chiesto aiuto; però certe necessità s’impongono «Ci fermiamo un momento da Mc Donald’s, ché devo andare in bagno?»

L’odore di fritto sintetico mi aveva investito, saturandomi i pori. “Mio dio, non posso invidiare questi fighetti con i loro panini di plastica!”. Nella toilette una tipa si stava rifacendo il trucco pescando un lucidalabbra alla fragola da una trousse di Hello Kitty. “Ma dai! Avrà tredici anni!”  Sembrava una bambola in attesa di baci (più giù, ancora più giù!)

Ecco da dov’era partito il primo attacco della mia cortese accompagnatrice: «Dovresti curarti di più», … guardando il mio riflesso pallido nello specchio. «Sto bene così», … fissando il gorgo dello sciacquone in senso orario. Dovrebbero installare dei dispositivi sonori, come in Giappone: certi rumori sono troppo disdicevoli per una signorina! – Ci vorrebbe un coro di uccellini Disney o un brano di musica da camera.  

 

Comunque ora cammino lungo la striscia d’asfalto scuro portando offerte al mio idolo personale e immagino una palla rotolare nello sferisterio per decidere a chi sarà strappato il cuore. Ohi ohi, a quanto pare sono io ad aver pescato la paglietta più corta.

Brucerò sul rogo palpitante.  Bianco come la luna, il mio cappello

Eccomi travestita da dio del Destino.  Come l’amore rosso, il mio mantello

Non posso decidere: sono una prigioniera della Guerra dei Fiori. – Mi ha seguito senza una ragione, come un ragazzo segue un aquilone.

 

Prepara il coltello di ossidiana, sto tornando a casa.
http://youtu.be/wBecFeMzaPA

domenica 16 giugno 2013

CANGURI NEL DESERTO


 
Il cuore collassa contro la cassa toracica – frrrr-frrrr, tic … tic.

 Sarà colpa dell’erosione ossea o della bellezza insostenibile del libro che sto sfogliando, in piedi contro uno scaffale della Feltrinelli? Ok, hanno già allineato le sedie nello spazio per lo showcase: mi siedo.

Non riesco a concentrarmi sulla pagina e discorsi della gente che sta intorno mi colano nelle orecchie: «… Io preferisco Rimbaud come poeta, ma il life-style di Baudelaire era più cool»; « … Dopo ho un appuntamento con una, una straniera in Erasmus. Non è che ne valga tanto la pena, ma la dà via»; « … La cosa brutta di quel druido è che può castare solo incantesimi di secondo livello»; « … ma non potremmo stare davanti?»; «Beh, comunque io domani vado a Milano!»

Un ragazzo fa la prova del suono appendendosi al microfono con un’attitudine da grunger sul palco del Reading Festival, la felpa grigia della Converse che ciondola irregolare sulle braccia magre  «Brugola», «Carruba», «Burro» (nel senso di condimento o di asino?): parole da soundcheck che fanno ridere i suoi amici, in prima fila. Lo sfidano «Dì “pene”, dì “vagina”». Una tizia ha i capelli rosa platino e un’espansione di un paio di centimetri all’orecchio.

 Visualizzo i tulipani che ho portato all’inaugurazione della mostra di sabato. Il gruppetto si agita trattenendo i risolini sotto le mani. C’è odore di sudore e di persone ammassate.

Da adolescenti io e Megami pensavamo che quella miscela stantia fosse normale nei maschi, con in più un bouquet di birra e cannette.

Ripenso a Tyler, alle foto con la gonna lunga di Cassy e due arance infilate nella scollatura di una canottiera bianca. Quell’epoca è finita e siamo tutti più seri, posati e riflessivi … Riflettenti … Riflessi. Dove siamo andati?

La solita incaricata sistema le bottigliette d’acqua vicino agli sgabelli per la band che sta per arrivare. Ha un vestitino di sangallo nero e un cerchietto rosso che brilla in mezzo al caschetto ordinato. È carina come la Biancaneve di Storybrooke. Mi sembra di aver dimenticato una parte importante del passato. E se poi fossi la principessa avvelenata dalla mela? Ormai sarei comunque corrotta, in un mondo, dove si vedono solo “chilometri e chilometri di scogliere e di discariche”. La realtà cambia continuamente e non conta ciò in cui credevi fino a ieri Cioè, nessuno ama veramente la Natura se si tratta di perdere qualche comodità tecnologica, chiunque sarebbe pronto a rinnegare i principî per un lavoro da favola in una riserva australiana, con il miraggio dei tuffi nella barriera corallina. In discoteca hanno campionato il suono di un dijeridoo ma non hanno mai detto che i koala sono tra le specie più aggressive della biosfera, nonostante il loro alito molto molto fresco.

Se fossimo in un fumetto, promuoverei una versione punk di me stessa e ruberei le scorte idriche delle multinazionali, succhierei i rifornimenti d’anima del Destino … E invece verso le otto farò la fila alle casse, pagherò un romanzo infilato in una busta di carta riciclabile a impatto zero e tornerò a casa.

Sussultando per il silenzio delle stanze vuote, indosserò guanti di lattice e mascherina chirurgica e preparerò la cena per Cassy.

Mi piace usare le spezie, anche se alcune non le conosco – Cosa si può fare con i semi di finocchio, se non delle tisane anti-meteoriche?

21.22 gocce di buio si addensano negli angoli – Rimescolare la salsa finché non diventa un composto liscio.

“Quest’estate vorrei vedere un paio di concerti” – Lasciar riposare l’idea astratta dell’Australia (del Giappone nuclearizzato o del Messico, dove si ammazzano a balazos). 

Mi piace togliermi la seconda pelle trasparente e sporca, pulire tutto e poi lavarmi le mani con un blocco di sapone alla zagara. 

Sto imparando a controllare le mie ossessioni. 

Sto imparando a sognare in piccolo.

lunedì 10 giugno 2013

TSURITAMA


Ho scoperto per caso Tsuritama, ed è stata una piacevole sorpresa. Il talentuoso regista Kenji Nakamura (“Mononoke”, “C- Control”, “Soul Taker”, “Big O”) firma dodici episodi leggeri e ben realizzati sviluppano una trama inconsueta, per il contenitore noitaminA.
Yuki Sanada si trasferisce in una piccola cittadina dell’isola di Enoshima. , che il solito ragazzo introverso, chiuso e senza amici, costretto a cambiare spesso scuola e compagni (in realtà, la mia insegnante di giapponese dice che i trasferimenti di studenti, con la classica presentazione in piedi davanti alla lavagna, sono una rarità!). Forse il senso di disagio che gli procura veri e propri attacchi di panico deriva anche dal fatto di essere un “harufu” (half) e vive con Kate (Keito), la nonna francese amante dei fiori. Per far sentire Yuki a proprio agio non c’è nulla di meglio di un ragazzo ancora più “alieno”, nel vero senso della parola!

Haru va in giro con una pistola ad acqua e dice a tutti di essere un extraterrestre. Fin dal primo momento i due stringono una curiosa amicizia, anche perché H, attirato dalla bellezza del giardino di Kate, decide di abitare nella villa e la donna acconsente subito con una generosità un po’ inspiegabile. Con queste premesse, non si respira l’atmosfera cupa del manga “A Lollipop or a Bullet” di Kazuki Sakuraba, in cui la protagonista affermava di essere una sirena per coprire una dura situazione di violenza domestica e, anche se la situazione di emergenza in cui si trovano le persone sfollate ricorda il dramma del terremoto di “Tokyo magnitude 8.0”, qui i toni sono più lievi, vicini alla commedia per l’infanzia e allo slice of life in stile “Ano Hana”.
Il primo riferimento che viene in mente è senz’altro “Ponyo sulla scogliera”: l’evoluzione narrativa dell’anime ha molto in comune con il film di Hayao Miyazaki, anche se il regista non ha mai amato la Sci-Fi e quindi la similitudine più appropriata potrebbero essere “Ufo Baby” – dato che il mezzo spaziale a forma di funghetto ricorda le linee tondeggianti del mini-ufo del piccolo Lou – o la serie “Stitch!”, adattamento giapponese (di Masami Hata) del film Disney.

 Sì, perché Haru e sua sorella Coco sono davvero creature acquatiche venute dallo spazio e hanno il potere di controllare la volontà degli umani, pur non essendo pericolosi: l’unico effetto della loro ipnosi liquida parrebbe quello di costringere la gente a ballare la danza tradizionale Enoshima-odori. Il risultato finale della loro invasione sarebbe quindi più comico che preoccupante, paragonabile alle avventure di Ika-musume, una ragazza pesce meno nota partita alla conquista della Terra.
 Nessun problema, dato che i fratelli s’integrano perfettamente con i residenti del paese e, grazie al loro compagno Natsuki Usami – detto il Principe – che inizia Haru e Yuki ai segreti della pesca e comincia a lavorare con loro sulla nave di Ayumi Inoue. Man mano si svelano le storie dei tre liceali e la dinamica della loro vita diventa più complessa. La passione per la competizione ittica apre a Yuki e Haru le porte del negozio di attrezzature Hemingway, dove incontrano la commessa Misaki, l’amore (non troppo segreto) del Capitano (la relazione tra i due ricorda quello parodistico tra Kasumi e il dottor Tôfû in Ranma ½ , con lui che corre urlando di gioia ogni volta che lei gli rivolge un complimento). L’intera isola gravita intorno allo spaccio; e la famiglia Usami non fa eccezione.


Il rapporto tra Tomatsu e suo figlio è molto teso perché il ragazzo non accetta che, dopo la morte della madre, il padre si sia innamorato di Mariko e anche Sakura, la sua sorella minore affronta con difficoltà il nuovo assetto famigliare, conservando ancora molto vivo il ricordo della madre; solo alla fine, com’era auspicabile, tutte le incomprensioni si appianano e gli adolescenti della ciurma si trasformano in veri eroi.

A partire dalle esercitazioni estenuanti per centrare un secchiello lanciando l’amo (in puro stile shônen), fino alla cattura di una tonno per festeggiare la guarigione di Kate, per arrivare alla risoluzione del conflitto finale in mezzo alle onde, il timido Yuki segue un percorso di formazione che lo porta a conoscere meglio se stesso e gli altri, accettando la sua individualità e la diversità altrui. Se capita che aggredisca Haru accusandolo di non capire i sentimenti degli uomini, si rende conto che ognuno ha una dimensione interiore, una sfera emotiva che non si deve esteriorizzare. Questo è un aspetto della socializzazione molto evidente in Giappone, dove l’opposizione tra la facciata (omote) e ciò che sta dietro (ura) non ha un mero valore spaziale e si connette alla dicotomia tra pubblico (tatemae) e genuina emozione privata (honne).

Sakura soffre per la morte di sua madre, Yuki si preoccupa per la salute della nonna. La reazione dei giovani di fronte all’ineluttabilità della malattia è un altro elemento fortemente miyazakiano che riporta alla delicatezza biografica de “Il mio vicino Totoro”. Ovviamente anche l’ambientazione marittima, il riferimento diretto al fenomeno del kamikakushi (rapimento da parte degli dei) o anche la presenza secondaria di un gatto – come controparte ideale dell’oca Tapioca (l’assonanza in italiano è geniale ma è del tutto casuale!) riportano al regista di Koganei e mentre si avvicina lo scontro con un compatriota di Haru e Coco, la ciurma del Shunseimaru deve affrontare la forza di un tifone, con giganteschi cavalloni che si animano di mille pesciolini (con un ottimo impatto visivo – fusione di tecnica tradizionale e digitale – ma comunque meno riuscito rispetto alla memorabile corsa di Ponyo tra i flutti) e la benevola dea del mare degli antichi rotoli porterà l’ispirazione per sconfiggere un nemico che forse nemico non è, proprio come avveniva dopo l’intervento della Granmamare, madre della bambina-pesce dello studio Ghibli.

Esattamente come nell’universo di Miyazaki, in questa fiaba si cancella la netta demarcazione tra Bene e Male.
Durante l’estate, un altro studente compare nella classe dei protagonisti. Akira Agarkar Yamada è un indo-giapponese affiliato all’organizzazione investigativa Duck incaricata di fermare i progetti coloniali degli alieni, neutralizzandone i poteri con enormi phon. È chiaro che tutti gli aspetti connessi alla struttura di quest’istituzione sono caricaturali e funzionali a creare gag divertenti.




Il gesto in codice che chiude le comunicazioni tra le squadre operative e il capo, un individuo ambiguo che non avrebbe nulla da invidiare a Ziggy Stardust, è studiato per diventare un tormentone tra i più piccoli e ricorda molto da vicino le mosse standardizzate dei sentai mono vecchio stile; e c’è persino una mascotte, destinata probabilmente a generare una serie infinita di pupazzi.

Sotto quest’aspetto, l’anime segue uno schema classico che si è rinnovato in alcune produzioni recenti del genere comedy fantascientifico e non è da escludere che la strana scelta di un’anitra col turbante sia una risposta scherzosa al dilagare mediatico dei pinguini che, dal capostipite Pen di “Neo Genesis Evangelion” fino agli epigoni kawaii di “Mawaru Penguindrum”, spopolano negli anime.

Se anche Urara, l’alieno responsabile del magnetismo delle Bermuda, nella sua forma umana e pacifica ha qualcosa in comune con il fascinoso dottor Watase di Brain Base, l’accostamento surreale tra uccelli (sfeniscidi e non) e pesci (a volte volanti) avvicina “Tsuritama” a “Tokyo ESP”, manga sui poteri extrasensoriali che sta per essere trasposto in anime e che declina in maniera diversa la suggestione visiva di una delle scene chiave di “Tsuritama”.

Quando una pioggia di pesci ricopre le strade della città in staro d’emergenza. La caduta di esseri marini o uccelli può effettivamente verificarsi dopo un tornado o uno tsunami, ma è comunque un evento piuttosto insolito che nell’antichità veniva associato ai cataclismi di portata divina e che in epoca contemporanea si è vestito di un’aurea di magia surreale, diventando spunto per episodi letterari (“Kafka sulla spiaggia” di H. Murakami), cinematografici (“Arizona Dream” di Kusturika) o artistici (il Pop Surrealism di Nicoletta Ceccoli).

D’altronde l’atteggiamento caricaturale del capo della Duck ha qualcosa in comune con un personaggio di un’altra opera di Segawa, la direttrice dell’Agenzia per la Prevenzione dei Disastri Sovrannaturali (di “Ga-Rei”), a sua volta un mix parodistico tra la versione invecchiata di Fujiko e i personaggi di “Ghost in the Shell”. Forse il charachter design è proprio il punto debole di “Tsuritama”: i ragazzi sono ben disegnati ma le ragazze sono graficamente troppo simili tra loro, con l’unica eccezione di Coco che è assolutamente perfetta per il cosplay, mentre gli anziani meritano un discorso a parte. I due personaggi più “âgés” si ricollegano ancora agli stilemi di uno Stitch / Miyazaki in salsa hawaiana. Kate è una donna ancora attiva nonostante i suoi problemi cardiaci, che conserva la grazia e la ricercatezza di una persona di città, pur vivendo a contatto con la natura lussureggiante di Enoshima.

Cercando un paragone nel portfolio Ghibli, la figura più simile è certamente Sadako di “Arrietty”ma, mentre la zia che ritrova la semplicità nella villa dell’infanzia ha il suo contraltare nella rozza e goffa domestica (che è esagerata come molte delle vecchine di Hayao o di Ranma ½), la straniera Keito è complementare a Heihachi. Il sindaco /sacerdote del paese insulare coniuga modernità vacanziera e tradizione: insegna a tutti il ballo di Enoshima da praticare durante le feste estive, indossa una camicia floreale e occhiali da sole, e svela a Yuki la leggenda contenuta nelle pergamene, che consentirà di salvare la Terra dalla distruzione. Da chi potrebbe venire l’ispirazione per questo signore? Tre immagini prese di getto: il Maestro Rôshi di Dragon Ball – per il tratto infantilizzato e irriverente con cui Toriyama mescola passato e presente consumistico – il Dottor Jumba, scienziato alieno creatore di Stitch – per il gusto kitsch nell’abbigliamento e per l’equilibrio apparente tra “bontà” e “malvagità” (perché i movimenti insegnati dal vecchio sono gli stessi che fanno gli umani ipnotizzati dagli extraterrestri?) – e il padre di Kunô, preside americanizzato della scuola di Ranma.


In generale comunque, i personaggi femminili sono poco sfruttati e rimangono forse un po’ troppo ai margini della storia quando invece avrebbero potuto dar origine a sottotrame interessanti → Ad esempio, i risvolti sentimentali della vita sull’isola sono trattati molto di sfuggita sia la nuova fidanzata del signor Usami sia Erika (la ragazza che piace a Yuki, nipote del sacerdote) sono comparse molto secondarie.

Un’ultima curiosità riguarda i nomi dei personaggi, che rievocano i concetti chiave dell’anime: ad esempio, i primi due ideogrammi del cognome “Usami” 宇佐美 significano rispettivamente “spazio” e “aiuto”; il primo carattere del nome Misaki(海咲) – la commessa del negozio di articoli per la pesca – vuol dire “mare”, scegliendo una grafia non usuale per questo nome; Haru, che appare sempre riportato senza ideogrammi, potrebbe voler dire “primavera”, facendo pensare all’amore del ragazzino alieno verso i fiori.



sabato 8 giugno 2013

FRÍA BAJO LA LLUVIA



La pioggia è bianca come latte.


No, un momento … È neve.

Neve di primavera, instancabile e fredda.

È triste vedere la vita che se ne va senza una spiegazione.



19 marzo, 4.59 a.m. Perché sono sveglia? Cheshire miagola dal profondo della gola: l’urlo di un gatto egizio abbandonato. Entra in camera, si blocca, si tende sul pavimento, rallenta la respirazione. Spio i battiti cardiaci confusi col bioritmo del risveglio. Hello Kitty sfida la morte.



«Probabilmente è un problema neurologico» il veterinario di turno ha la voce gentile e disponibile di chi smangiucchia tè e biscotti sfogliando il manuale diagnostico. «Non lo muoverei. È vecchio …» Come dire: “Lasciamo che la Natura faccia il suo corso”. E allora mi siedo anch’io per terra, aspettando.



Cassy ha saputo e compra bocconi prelibati che non invitano. Medicine per uccidere i vermi con una pipetta sterile … Bestie scure che strisciano, divorano da dentro.



E intanto il mattino si fa notte: da un buio all’altro.

I fiocchi hanno smesso di cadere dal cielo denso, ma il terreno fatica ad asciugarsi.

L’uomo del servizio sanitario arriva subito dopo la nostra chiamata, ha la barba lunga e una maglietta di Che Guevara sotto la tuta d’ordinanza fluorescente.

Non è il caso di tenere un’urna a forma di Doraemon sul ripiano più alto della libreria. Nella scatola abbiamo messo due monete, come pegno tradizionale al traghettatore ma … cosa si offriva alla Somma Bastet? «Forse la ciotola dei pasti?» No, l’idea olfattiva della plastica che si fonde col corpo bruciato mette i brividi.

Accendiamo l’incenso e piantiamo i bastoncini incandescenti in un vasetto di nepeta verde smeraldo. Anche delle campanule azzurre starebbero bene in questa composizione funebre, sul davanzale della finestra, dove si affollano le colombe – reincarnazioni dell’anima (“Cucurrucucu Paloma …”).

http://youtu.be/1emgUdD3_pE

«Io, per me, vorrei un funerale ecologico – solo il lenzuolo, per trasformarmi in tanti fiori gialli – ma ho il sospetto che in Italia sia vietato. Siamo destinate allo zinco. Troppo impersonale!» Marciamo verso l’eternità senza un minimo di romanticismo.



È triste sentire una verso, percepire un vuoto incongruo. Alissa ha perso il suo trickster. È evaporato per sempre; e non credevo che mi sarebbe mancato. Cioè, se avessi dovuto descriverlo, avrei detto cheil mio gatto era molesto e pieno di tic “Sua madre sì che era una vera signora felina, sinuosa e discreta! Ah, sua madre sì …” D’ora in poi ci saranno sicuramente meno spese e meno attentati al cibo lasciato sui fornelli, ma una mancanza rimbomba da lontano, anche se non si vede, come se la città non avesse più le sue sponde.

Spegnete le stelle, buttate via la luna, tirate giù il sole” cantava il poeta in un blues disperato; “Svuotate gli oceani, abbattete gli alberi, perché niente, adesso, serve più a niente” piangeva il ragazzo nel suo omo-amore spezzato.



Mordendomi il labbro, soppeso il dolore sordo degli errori irrevocabili, dei rimproveri assurdi e ritrovo un’altra assenza che preme sul cuore, altri due soldini pagati al Nulla.

Perché, all’improvviso, tutto questo silenzio?



Stupida come sono, per la Festa del Papà, ho preso una birra in un bar e un libro da una bancarella e ho scritto una dedica sulla prima pagina illudendomi di darlo ad Al in piedi al binario della stazione, nell’aria che sa di sale. Tornando alla realtà, celebro da sola una festa che non mi compete. Come da bambina, quando i miei compagni disegnavano bigliettini melensi mentre io tracciavo curiose rotte con le matite colorate e desideravo una telefonata internazionale, di rimbalzo sui precari sistemi satellitari. Almeno mio padre era un fantasma più nobile rispetto a quei grigi impiegati che tornavano a casa soltanto per una cena riscaldata.



Strappando il foglio resta una ferita di carta zigzagante.

Versando la lattina nel lavandino aspiro l’odore conosciuto di una pelle marina, dell’infanzia perduta. Parlare e tacere hanno lo stesso valore: pietre sul fondo di un pozzo.