domenica 31 marzo 2013

LA LEGGE DEL PESCE PALLA


Jane sistema il lunch box vuoto dentro a un sacchetto di stoffa giapponese «Stavo pensando di andare a vivere da sola. Devo vedere una casa nei vicoli, vicino al negozio di Beth».


Mi viene da pensare che un tempo mi piaceva quel posto, frugare tra i vecchi vestiti usati per tirarne fuori un paio di pantaloni vintage o magari una camicia da notte degli anni Trenta. Poi le taglie per adulti sono diventate un po’ troppo grandi per me. Ondine accende il tabacco aromatico della pipa vittoriana «Stai scherzando? Io sto cercando un posto! Non ne posso più delle mie coinquiline che cucinano cavolo alle tre del mattino!»

Senza parlare, osservo i movimenti esperti delle sue mani – le unghie smaltate tagliate all’americana. Mi ricorda Sylvia.

Mentre la materializzazione concreta del mitico appartamento 707 sta per trasformare le mie colleghe in una potenziale incarnazione delle due Nana – una circondata da un’aura di fiori e ansia, l’altra piena d’interessi e di rabbia pseudo-punk – e la loro amicizia si stratifica in una stretta simbiosi, la possibilità di un amore eterodosso si fa sempre più sfumata e mi sento esclusa dalle conversazioni che non so sostenere. Devo fare uno sforzo e trovare in fretta un argomento nell’ultimo cassetto della memoria. Certo, sarebbe facile buttar lì la miracolosa notizia su Ai Yazawa: pare che ricomincerà a disegnare dopo essere scomparsa per anni, schiacciata dal meccanismo triturante del business a fumetti … ma mi fermo prima che la mia voce tradisca riferimenti che non vorrei insinuare.

Ci siamo date appuntamento per curiosare insieme al nuovo minimarket cinese, nella zona del porto.

«Spero che abbiano il tè freddo della Asahi, lo bevevo sempre quando ero a Tôkyô !»

Per me era diventato una droga: lo compravo al supermercato in bottiglioni da due litri e tutti i giorni riempivo una bottiglietta da portare in giro. Se vendessero anche delle prugne umeboshi numerate sarebbe l’ideale perché ho già notato che, se si mettono sottaceto i frutti secchi italiani, si ottiene qualcosa dal sapore indefinito, forse non sgradevole ma comunque lontano anni luce dal modello originale. Già, “lontano anni luce”: proprio come me che cammino tre passi indietro, sul marciapiede freddo di febbraio …



Non sono fortunata: sullo scaffale, il posto tra le alghe e i dolcetti di riso, è vuoto. «Folnitore tolnelà settimana prossima» dice la donna massiccia alle casse. E le bevande hanno tutte un inquietante aspetto chimico e una lunga lista d’ingredienti scritti in mandarino. “Zucchero Bianco”, decifro alla quarta riga di quei codici stranieri e indico la parola, in modo che Jane confermi il mio sconforto.

Il gesto basta a farmi sussultare. Da quando lei ha interrotto gli studi di lingue asiatiche, ho sempre paura di ferirla, ma probabilmente esagero proiettando la mia sensibilità all’esterno

Mi è capitato mille volte di scoraggiarmi se non capivo una frase, se a lezione ero troppo lenta o se arrancavo seguendo i sottotitoli di un telefilm in streaming, ma non mi sono mai arresa. Non è che sia brava o particolarmente votata al martirio: semplicemente non saprei immaginare la mia vita senza quella misteriosa foresta di segni e per questo ho riversato un oceano di testardaggine nel compito quotidiano d’imparare pian piano, goccia a goccia.

Si dice che per leggere un giornale sia necessario conoscere almeno tremila ideogrammi … La strada è ancora lunga e affascinante!

«Se mi mandi il link con la descrizione, provo a ordinare quello che vuoi su internet» La gentilezza di Jane sembra arrivare da un mondo parallelo. I suoi occhi brillanti attraversano l’etichetta schivandola abilmente «Intanto consolati con un po’ di verdura fresca»

Scegliamo un daikon non troppo grande – da cuocere al vapore come una grossa rapa bianca o ridurre a julienne nell’insalata – e un ortaggio a foglia verde simile alla bietola, ma più piccola e tondeggiante (carina come il personaggio animato di una pubblicità progresso sull’alimentazione).



Lo stranissimo cetriolo butterato che faccio bollire per cena è amarissimo. Ho letto da qualche parte che alcune sostanze nocive sono naturalmente cattive per segnalare il pericolo all’organismo.

Solo gli chef più esperti sanno separare la carne di fugu dalla potente neurotossina che inibisce la funzione respiratoria e alcuni sono addirittura capaci di lasciarne una minima traccia, sufficiente a causare una leggera euforia e un formicolio sulla lingua.

Il confine tra l’ebbrezza e la morte è troppo labile per poterselo giocare sul filo di una lama da sashimi.





http://youtu.be/1Nj5dunIMLw

mercoledì 27 marzo 2013

SFOGLIA TRICOLORE



Pasta sfoglia


Ricotta

Parmigiano

Spinaci freschi (non i cubetti!)

Porro

Pomodori sottolio

Pepe

Origano

Uovo

Sale grosso



Sbattere un uovo

In una terrina, mescolare mezzo uovo,ricotta, parmigiano, pepe e origano (e un po’ di sale)

Aggiungere i pomodori tagliati a pezzi piccoli

Far soffriggere un po’ di porro e far saltare gli spinaci senza salarli

Aggiungerli agli altri ingredienti e mescolare bene

Disporre il ripieno sulla sfoglia e chiudere bene premendo i bordi con le dita (con una sfoglia preconfezionata vengono due rotoli)

Spennellare con l’uovo rimasto

Bucherellare con la forchetta e cospargere di sale grosso

Aggiungere un filo d’olio

Cuocere in forno a 220° per 25 minuti



FRENCH STRÜDEL



Pancarré


Uova

Burro

Cannella

Mele /Pere

Ricotta

Succo alla mela

Barrette alla mela

Yogurt

Miele



Sbattere le uova con la cannella e una bustina di zucchero e un pizzichino di sale

Passare le fette di pane nell’uovo e friggerle in una padella imburrata

Disporle su carta da forno

Cuocere mele /pere e frullarle con la ricotta

Stendere la crema sulle fette di pane

Bagnare di succo altre fette con il succo e metterle sopra (leggermente accavallate) e ai lati

Spolverare di cannella e spalmare il miele

Cuocere in forno a 220° per mezzoretta



Guarnire con yogurt (bianco o un gusto cremoso) e barrette alla frutta (tipo Melinda o Kellog’s) sbriciolate

Prima di servirlo, si può scaldare la fetta tagliata nel microonde a 700-750 watt



Dicono che sia più buono il giorno dopo, perché il pane si imbeve e si ammorbidisce!





sabato 23 marzo 2013

MON PETIT CHOU (Os eterônimos #2)



23.24 «Hanno ricoverato Altair» disse Margot all’altro capo di un telefono freddo.


Aveva diviso con lui più di vent’anni, ma questo era stato dopo. Quando si erano conosciuti, nell’androne buio di un albergo dei vicoli, Tair si stava già impossessando della coscienza di Al e la nebbia offuscava il presente, il futuro e forse anche il passato. Ma ancora non esisteva Tar, il grigio signore con un pesante bagaglio di rimpianti asmatici.

23.58 Mentre il calendario faceva uno scatto in avanti sul dodicesimo meridiano, le molteplici identità del Capitano sedentario svanivano sotto le stelle. Una bussola rotta indicava di colpo l’ultima isola. «Tuo padre è morto» disse Margot. La sua voce era un filo irreale.

Sono passati sette anni.

Siedo su una panca di legno della cucina accogliente, nella casa che doveva essere sua, sulla collina. Da qui si vede il mare e forse lui avrebbe potuto piazzare un cannocchiale d’ottone sul davanzale della finestra per spiare l’andamento delle onde. E continuare a navigare con l’immaginazione.

Invece no.

C’è qualcosa di stonato nell’atmosfera domestica, piena del profumo caldo delle torte domenicali. C’è qualcosa di sbagliato nel mio sentirmi bene sul fondo del disagio.

«È come entrare sporchi di sangue nella tana del lupo (essendo un agnello)» . Le nocciole diventano dorate sull’impasto al cioccolato, il budino si raffredda nel frigo, le tartine a forma di cuore sono coperte di salsa rosa al salmone. Tod vive in una perenne estate boschiva e circola in maglietta, infradito e camicia di flanella alimentando il camino a legna. Seguo distrattamente le avventure scontate di una teenager americana che trova la sua strada dando gomitate nel Roller Derby. È una delle tipiche ragazzine bruttine che appena si toglie gli occhiali diventa una figa, come Clark Kent che entra in una cabina, infila una tuta aderente e si trasforma in Superman. E nessuno lo riconosce.

Magari fosse così semplice! A me basterebbe cambiare collant per far tornare Alissa? Sì certo, come no!

Fisso lo schermo e provo a non pensare. La neve catodica invade il mio cervello, smossa appena dalla voce di mio fratello «Adesso ho scoperto i Muse. Ho la discografia completa»

Li aveva salvati anche su una chiavetta USB da tenere nel motocarro di Tod, carico di bombole.

Sono stata troppo assente e il tempo è volato senza che me ne rendessi conto. Mi volto verso quel ragazzo più alto di me, una massa di capelli ribelli e i modi un po’ indolenti degli adolescenti tecnologizzati. Evidentemente sta cercando un argomento di conversazione, ma non condividiamo molto noi due, a parte i post su Facebook.

Scappando, avevo troncato ogni dialogo – Bambina amata e non voluta – e adesso è davvero troppo tardi … Ma per lo meno, Samuel non ha dei gusti barbari in fatto di musica. Salendo lungo i tornanti ogni scossone poteva farci saltare in aria con il carico di gas del cassone. Le insegne delle discoteche mafiose che incrociavamo non lasciavano presagire nulla di buono ma pare che ci sia una specie di predisposizione genetica al rock; o quantomeno un imprintig neonatale.

Nel periodo in cui Tair e Margot vivevano ancora in città con il piccolo, andavo da loro dopo la scuola passavo il pomeriggio nel salottino, osservando Sam circondato dai cuscini del divano. Per farlo addormentare, papà lo cullava chiamandolo “Zapatista” e raccontandogli storie di Messico e nuvole; io gli cantavo una canzone dei Nirvana e poi lasciavo del blues anni Settanta come sottofondo. Tar non era arrivato con il suo alito nero. Tutto era quasi perfetto.



Conservo la chiave di quell’appartamento in cima alle scale di un’antica torre abbracciata dall’edera. Chissà se potrei ancora aprire una porta?

Tod ruba un gambero avvolto nella pastella croccante «Buono, ma io preferisco il porceddu sardo»

Già, ricordo che l’arrosto era stato il piatto forte anche alla festa per la comunione di Sam, quando i genitori di Tod erano stati ufficialmente riconosciuti con il titolo onorario di “suoceri”. Anche allora io avevo notato uno stridore che gli altri non sembravano percepire. Seguivo le parole sulla pagina sbagliata di un libro ingiusto e non sapevo nemmeno di preciso da quanto era iniziata la lettura.

I più giovani correvano dietro a una palla improvvisando una partita nel campetto del paese.

I capitoli migliori, quelli nei quali potevo ritagliarmi un ruolo, erano stati cancellati.



http://youtu.be/zhAmug6Ts6o  
http://youtu.be/gHBo3hDnoFs 
 http://youtu.be/MKAmDBiCq5E

venerdì 22 marzo 2013

KE KAVOLO È?




Trita di manzo

Uovo

Mezza patata

Parmigiano

Prezzemolo

Farina



Cavolo rotondo





Sminuzzare la carne in una ciotola e lavorarla con una forchetta, mescolandola con l’uovo, la patata il formaggio e il prezzemolo tritato

Fare delle polpette e rotolarle nella farina

Disporre delle foglie di cavolo in una terrina su un pezzo di carta da forno

Metterci sopra le polpette e aggiungere un filo d’olio e pepe

Coprire con altre foglie di cavolo

Spolverare con la farina avanzata dall’infarinatura e un po’ di parmigiano

Infornare per 30-40 min a 180°



COUS COUS



Cous cous

Burro

Scorza d’arancio

Canella

Brodo di carne



Far sciogliere un pezzo di burro in una terrina di terracotta

Versare il cous cous e farlo dorare mescolandolo per alcuni minuti

Aggiungere la cannella

Coprire bene di brodo

Aggiungere la scorza d’arancio e tappare con un coperchio

Infornare per 20-25 minuti



giovedì 21 marzo 2013

DAVID BOWIE The Next Day



David Bowie torna sulle scene dopo dieci anni di silenzio e lo fa con The Next Day, un lavoro multiforme quanto la carriera dell’eterno dandy inglese che, come una fenice, rinasce dalle sue ceneri affrontando senza paura i discorsi del passato. Già la copertina del disco è una dichiarazione d’intenti che si rifà all’estetica di Heroes, annullando però gli stilemi preconfezionati dello star system. I richiami alla “Trilogia berlinese” sono palesi anche nel testo del primo singolo Where are you now?, mentre altri brani tracciano una linea di continuità con le sonorità anni degli anni Settanta di Aladdin Sane, sconfinando nei territori della space opera sperimentale e della dance anni Ottanta. Il pubblico dei fan troverà quindi il “classico Bowie” (qualsiasi sia il valore di questa categoria applicata ad un artista tanto eclettico) , mentre chi cerca un approccio più innovativo non sarà deluso:  dalle alle morbidezze che si riallacciano agli ultimi lavori del Duca Bianco si passa alle melodie meno scontate, più dichiaratamente rock, fino a Dirty Boys  che, strizzando l’occhio agli standard sghembi di blues à la Tom Waits , non s figurerebbe nella scaletta dei Morphine più ispirati (grazie al sax di Steve Elson).  Anche i temi trattati sono talmente vari da far pensare a un approccio corale alla realtà, ma paradossalmente questa varietà di toni e di stili non lascia tracce nell’insieme perché ciascun brano mette in risalto le capacità tecniche di supporter dall’altissimo livello. Tra i musicisti che partecipano alle registrazioni, spiccano nomi di primissimo piano: dai collaboratori storici del cantante (come il produttore e strumentista Tony Visconti) al basso del grandissimo Tony Levin ma, a prescindere dalla forte eco suscitata dal video-film promozionale di The Stars are Out Tonight (firmato daTilda Swinton) , l’ascolto dell’intero disco scorre liscio, senza picchi memorabili.

Questo ventisettesimo lavoro in studio è un prodotto maturo e riflessivo, divertito e malinconico, poliedrico e introspettivo, ma resta la sensazione che David sfiori ormai una condizione super partes, che lo trasforma in una vera e propria icona culturale, con un posto consolidato nel pantheon delle leggende.  

ZUPPA BOUQUET SPEZIATO



Brodo di carne pronto


Piselli

Funghi

Pastina



Un cucchiaino di cannella

Un peperoncino secco

Chiodi di garofano



Una sottiletta

Fontina

Parmigiano

Sale “per carni”



Cuocere la pastina per 10 minuti

Versarla nel brodo insieme a piselli e funghi

Aggiungere i sapori mettendoli dentro un filtro da tè

Cuocere a fuoco medio per 20-25 minuti

Mettere in una scodella la fontina e la sottiletta tagliate a pezzi e il parmigiano

Aggiungere un pizzico di insaporente “per carni”

Versare la zuppa (togliendo il sacchettino!) e scaldare nel microonde per due minuti

mercoledì 20 marzo 2013

SOUND CITY From Real to Reel



Capita che il mondo della musica ci offra delle piccole perle che arrivano senza tanta pubblicità, conquistandoci per la loro bellezza inaspettata. È ciò che è successo con Sound City: From Read to Reel, ultimo progetto della mente instancabile di Dave Grohl. C’è lui dietro le 11 tracce che compongono l’album  così come dietro al documentario sui leggendari studi di Los Angeles, dove hanno registrato tutti i più grandi – dai Fleetwood Mac agli Slipknot, da Butch Vig a Rick Rubin. Suono e immagini descrivono di un luogo in cui si ricrea ogni volta l’alchimia perfetta della serenità famigliare; e l’incredibile varietà di stili che si susseguono lungo la scaletta testimonia la magia di questa ricetta, dando vita una miscela che accelera e rallenta, picchia e carezza senza mai annoiare. Un gruppo di artisti straordinari, un pugno di amici che si ritrovano per divertirsi e raccontare una storia, ognuno utilizzando il proprio linguaggio: la neo-psichedelia un po’ pigra tipica dei Black Rebel Motorcycle Club di Robert Levon Been (Heaven and All) lascia spazio ai ritmi tirati del punk di Wife is calling, la sensualità di Stivie Nicks cede il posto a un Corey Taylor che, abbandonata la maschera, svela una voce calda e matura (Fom can to can’t). Ma qui ci sono anche tutte le anime del poliedrico Grohl – dall’harcore al metal fino alla melodia – ed è come se un cerchio si chiudesse su una parte della sua carriera artistica, per ricominciare a ruotare. If I were me potrebbe essere accostata alle migliori ballate dei Foo Fighters mentre Cut me some slack commuove e stupisce, con la formazione dei Nirvana di nuovo riunita insieme a Paul McCartney, e ovviamente partecipa anche Josh Homme che imprime il classico andamento à la Queens a Centipede. Si finisce con Mantra, uno dei pezzi più ispirati del disco, una cavalcata ipnotica in cui Trent Reznor regala a Dave la potenza dei Nine Inch Nails e la raffinatezza delle colonne sonore firmate da solista. Il dvd è una ricerca giornalistica per appassionati, che collega un’azzeccata sequenza di cammei, interviste e pezzi d’archivio delle grandi icone del rock: un eccellente debutto da film maker e un “dietro le quinte” che commenta e completa la forza dell’album.



martedì 19 marzo 2013

FRÍA BAJO LA LLUVIA



La pioggia è bianca come latte.


No, un momento … È neve.

Neve di primavera, instancabile e fredda.

È triste vedere la vita che se ne va senza una spiegazione.



19 marzo, 4.59 a.m. Perché sono sveglia? Cheshire miagola dal profondo della gola: l’urlo di un gatto egizio abbandonato. Entra in camera, si blocca, si tende sul pavimento, rallenta la respirazione. Spio i battiti cardiaci confusi col bioritmo del risveglio. Hello Kitty sfida la morte.

«Probabilmente è un problema neurologico» il veterinario di turno ha la voce gentile e disponibile di chi smangiucchia tè e biscotti sfogliando il manuale diagnostico. «Non lo muoverei. È vecchio …» Come dire: “Lasciamo che la Natura faccia il suo corso”. E allora mi siedo anch’io per terra, aspettando.



Cassy ha saputo e compra bocconi prelibati che non invitano. Medicine per uccidere i vermi con una pipetta sterile … Bestie scure che strisciano, divorano da dentro.



E intanto il mattino si fa notte: da un buio all’altro.

I fiocchi hanno smesso di cadere dal cielo denso, ma il terreno fatica ad asciugarsi.

L’uomo del servizio sanitario arriva subito dopo la nostra chiamata, ha la barba lunga e una maglietta di Che Guevara sotto la tuta d’ordinanza fluorescente.

Non è il caso di tenere un’urna a forma di Doraemon sul ripiano più alto della libreria. Nella scatola abbiamo messo due monete, come pegno tradizionale al traghettatore ma … cosa si offriva alla Somma Bastet? «Forse la ciotola dei pasti?» No, l’idea olfattiva della plastica che si fonde col corpo bruciato mette i brividi.



Accendiamo l’incenso e piantiamo i bastoncini incandescenti in un vasetto di nepeta verde smeraldo. Anche delle campanule azzurre starebbero bene in questa composizione funebre, sul davanzale della finestra, dove si affollano le colombe – reincarnazioni dell’anima (“Cucurrucucu Paloma …”).

«Io vorrei un funerale ecologico – solo il lenzuolo, per trasformarmi in tanti fiori gialli – ma ho il sospetto che in Italia sia vietato. Siamo destinate allo zinco. Troppo impersonale!» Marciamo verso l’eternità senza un minimo di romanticismo.



È triste sentire una voce, percepire un vuoto incongruo. Alissa ha perso il suo trickster. È evaporato per sempre; e non credevo che mi sarebbe mancato. Cioè, se avessi dovuto descriverlo, avrei detto che era molesto e pieno di tic “Sua madre sì che era una vera signora felina, sinuosa e discreta! Ah, sua madre sì …” . D’ora in poi ci saranno sicuramente meno spese e meno attentati al cibo lasciato sui fornelli, ma una mancanza rimbomba da lontano, anche se non si vede, come se la città non avesse più le sue sponde.

“Spegnete le stelle, buttate via la luna, tirate giù il sole” cantava il poeta in un blues disperato; “Svuotate gli oceani, abbattete gli alberi, perché niente, adesso, serve più a niente” piangeva il ragazzo nel suo omo-amore spezzato.



Mordendomi il labbro, soppeso il dolore sordo degli errori irrevocabili, dei rimproveri assurdi e ritrovo un’altra assenza che preme sul cuore, altri due soldini pagati al Nulla.

Perché, all’improvviso, tutto questo silenzio?



Stupida come sono, ho preso una birra in un bar e un libro da una bancarella, e ho scritto una dedica sulla prima pagina illudendomi di darlo ad Al in piedi al binario della stazione, nell’aria che sa di sale. Tornando alla realtà, celebro da sola una festa che non mi compete. Come da bambina, quando i miei compagni disegnavano bigliettini melensi per i loro papà mentre io tracciavo curiose rotte con le matite colorate e desideravo una telefonata internazionale, di rimbalzo sui precari sistemi satellitari. Almeno mio padre era un fantasma più nobile rispetto a quei grigi impiegati che tornavano a casa soltanto per una cena riscaldata.



Strappando il foglio resta una ferita di carta zigzagante.

Versando la lattina nel lavandino aspiro l’odore conosciuto di una pelle marina, dell’infanzia perduta. Parlare e tacere hanno lo stesso valore: pietre sul fondo di un pozzo.

http://youtu.be/-CsA1CcA4Z8

lunedì 18 marzo 2013

COTOLETTA DI POLLO E PATATE AL FORNO






Cotoletta Aia




Patate

Peperone rosso

Cipolla rossa

Rosmarino



Sbucciare le patate e sciacquarle

Sbollentarle per 3-4 minuti insieme alla cipolla

Tagliarle a dadini

Aggiungere il peperone tagliato a strisce orizzontalmente

Guarnire col rosmarino

Infornare per 30-40 minuti a 200°



Infornare la cotoletta (Aia) per circa 15 minuti girandola a metà cottura



Usare un pezzo di carta da forno aggiungendo un filo d’olio



Si può servire con il ketchup



domenica 17 marzo 2013

HOLMES' DRIED OUT FLOWERS Os eterônimos #1





L’Ego è solo uno degli spasmi momentanei del mondo – Clarice Lispector




«Non pensare di mettere tutto a posto uno stupido cavolino alla panna!» dice Cassy respingendo la mia offerta di pace.

Mi chiedo perché Brie Van De Camp, a colpi di muffins, riesce a farsi perdonare persino gli omicidi e io non posso cancellare nemmeno un banale scatto di nervi.

«E io che volevo essere carina e darti ragione! Sei proprio ….» No, un secondo … come ho fatto a non accorgermene (eppure è evidente)? Quella che ho di fronte non è più Cassy, è D – l’espressione amara della bocca, le rughe profonde, gli occhi quasi spenti.

Sono giorni che va avanti, implacabile come un panzer: «Vuoi togliere la tua roba dal soggiorno?», «Possibile che dobbiamo sempre ripetere le stesse scene?», « … Ancora con questa tua fobia dello sporco!»

Cassy si sta allontanando sempre di più, così triste e opaca che è quasi impossibile riconoscerla sotto i “golfini da casa” e le “copertine da divano”.

Ma io ho deciso di fingere stoicamente che sia tutto normale. Ignoro i continui rimproveri borbottati a mezza voce. Non voglio vederla zoppicare piegata dall’artrosi. L’unica cosa che conta adesso è cercare di riportarla indietro, anche solo per un attimo.

Per questo ho comprato il nuovo EP dei Placebo da darle il giorno di S. Valentino – Come se tra noi ci fosse ancora spazio per la felicità.

Mi ricordo che quando, anni fa, avevamo preso i biglietti per un loro concerto, c’eravamo messe a saltellare per la strada come bambine emozionate, con le stelline nello sguardo e il cuore a mille (waku-waku): un girotondo a due. «Vedremo Brian! ♥ Vedremo Brian! ♥»

E allora forse sarà un disco a riaccendere la scintilla … Perché non voglio credere che si sia estinta completamente, non posso pensare di averla uccisa senza appello. Deve esserci un modo per riavvolgere il tempo.

Magari se m’impegnassi anche Alissa si sveglierebbe dal suo sonno di ghiaccio? No, sarebbe pretendere troppo dal mio Destino distorto. La Paura è una bestia difficile da domare e il suo alito ha sigillato una pesante bara di cristallo. Non esistono i Principi Azzurri.



Con chi potrei parlare, ora che non frequento più Violante, la mia lussuosa confidente segreta? I suoi trucchi magici hanno funzionato per un po’, ma erano formule imparate a memoria sui grimori della scienza: nulla che potesse salvarmi da un ciclo di eterne ricadute. Circondata da un vuoto denso e notturno, provo a lanciare un amo: «Sai, dopo quella battuta di Tony – “Sei ingrassata o hai due cappotti?” – sono preoccupata e non so se riuscirò ad andare avanti senza farmi sconti» Le unghie rosse di Ondine si fermano sulla tastiera e lei si gira verso di me, dimenticando lo schermo sul quale scorrono i miei errori d’ignoranza segnati in giallo sulle bozze corrette. Trattengo il fiato e sbircio la pagina elettronica: ogni sottolineatura strappa un pezzettino d’autostima e la butta in fondo a un lago silenzioso.

«No! È assolutamente necessario che tu resista! Non pensi alla stanchezza, alla fatica di lavorare?»

Sincerità empatica dietro alle lenti di occhiali tartarugati old fashion.

Getto ancora un’occhiata alle righe del documento aperto e balbetto, già sprofondata nell’ansia «Scusami … Scusami per tutti quegli sbagli …» «Non c’è nessun problema» La sua voce è gentilezza distillata. Non sta recitando. Non ne ha bisogno: è talmente superiore che le mie debolezze non la sfiorano neppure. Sposta leggermente il cannello della pipa ottocentesca tra le labbra e sprigiona una nuvoletta di vapore aromatico – Fumare in ufficio è il suo modo tranquillo di ribellarsi alla tirannide del Boss.

Mi piace quell’odore di spezie, vaniglia e biscotto: fa parte di un’idea steampunk di Bellezza.

«Già, sì hai ragione» riconosco la rassegnazione nel mio tono smorzato.

«Io ho finito» dice la stagista “interscambiabile”.

Che stupida! Non c’è altro da fare che lasciar cadere il discorso – plof!

Guardo la tirocinante fresca di studi all’Accademia della Grafica Interstellare mentre chiude di scatto il suo portatile da 900 € e accendendo l’Android con un beep. Si alza, si sistema l’abitino di piallette da cocktail e controlla la sua immagine in uno specchietto. Con gesti automatici passa un velo di cipria rosa sulle guancie pallide e si ritocca il rossetto.

È una bambola super-efficiente arrivata da un altro pianeta per farmi scomparire? No, ormai ho quasi trent’anni e Alissa non tornerà, con i suoi boccoli biondi. Non ha senso incolpare l’ultima arrivata per il disastro.

http://youtu.be/81EhDQ6OnTk





giovedì 14 marzo 2013

FEIJOADA ROMANA AI SALUMI




È una ricetta per utilizzare gli avanzi che si hanno in dispensa e nel frigo, quindi gli ingredienti possono variare di conseguenza.




Fagioli secchi (neri o misti)

Riso



Prosciutto

Mortadella

Salamino



Cipolla rossa

Condimento romano (pomodoro e ciociara cotta essiccati)

Salsa di peperoncino

Concentrato di pomodoro

Pomodoro fresco





Mettere in ammollo i fagioli la sera prima e poi cuocerli per almeno quattro ore (ovviamente questo non vale se si usano i fagioli in scatola)

Gli ultimi venti minuti di cottura, aggiungere il riso



In un tegame, soffriggere la cipolla

Versare riso e fagioli

Aggiungere i salumi tagliati a pezzetti (vanno bene le fette d’insaccato ma sarebbero ancora meglio i dadini ricavati da dei tranci)

Lasciar cuocere con un po’ del liquido dei fagioli

Aggiungere il peperoncino, il condimento romano, uno schizzo di concentrato e un pomodoro fresco sbollentato (per togliere la pelle)

Cuocere per 20-25 minuti



PIZZA SVALUTATA


Base per pizza



Salsa di pomodoro (o passata)

Mozzarella

Origano

Pomodorini

Olio



Stendere la base sulla sua carta e fare dei bordi piuttosto alti

Stendere la salsa di pomodoro spingendola in tutti gli angoli

Tagliare la mozzarella a pezzi e disporli al centro

Cospargere di origano in maniera uniforme

Guarnire con qualche pomodorino tagliato a metà

Versare un filo d’olio (tracciando soprattutto il contorno dei bordi in modo che restino dorati)

Cuocere in forno a 200° per 25 minuti

Prima di servire, aggiungere un po’ d’olio a crudo







lunedì 11 marzo 2013

PECORE E ALTRI ANIMALI (GvsP #15)


«Ciao, come stai?»


Non vedo Megami da un mese e appena compare sulla porta mi sento invasa da una dolce sensazione di tranquillità, avvolta in un’aurea dorata di profumo al patchouli. Anzi no, sono convinta che se glielo chiedessi, lei risponderebbe che non usa nessun deodorante e che quello è il suo odore naturale – E dall’alto del suo snobismo aristocratico, il fantasma di mia nonna direbbe che “una donna senza profumo non ha personalità”.
«Eh, che vuoi che ti dica? Ieri in casa stavo impazzendo e così sono uscita a fare la spesa e mi sono presa un bel raffreddore … Potrei avere anche un po’ di febbre, ma non credo di essere contagiosa!» Sotto la il cielo che si trasformava in pioggia e la pioggia che voleva trasformarsi in neve, avevo sentito il bisogno di camminare per schiarirmi le idee e respirare e avevo macinato un paio d’isolati, fino al supermercato, con la scusa di una lista di provviste neanche troppo necessarie e incurante delle raffiche di vento che rivoltavano la tela dell’ombrello.

Sospira «Ultimamente succede anche a Schop: sta sempre chiuso in camera, beve litri di caffè troppo zuccherato, non dorme e poi sclera. E finisce che tiene sveglia anche me, e litighiamo»

Schop è il suo ragazzo, chiamato così perché sia per il cognome sia per l’attitudine ha delle curiose affinità con un filosofo tedesco.

In cucina, facciamo bollire l’acqua e prepariamo del tè verde alla fragola.

Le offro dei biscotti danesi in una scatola di latta blu. Mi chiedo cosa succederebbe se ne assaggiassi uno anch’io (Ricordo vagamente il sapore del burro un po’ salato) … Cosa succederebbe se …?

Anche se il mio lato razionale sa che non va bene, un diavoletto mi dice di ridurre le quantità giornaliere di cibo, di sottrarre, di rubare ….


«E, come se non bastasse, stamattina mi sono camallata da sola un sacco di sabbia da dodici litri! Dodici, capisci? Una fatica mitologica»

«Siamo demoni colpiti da una bomba all’Acqua Santa, my love»

Sullo schermo del portatile, due fratelli combattono Satana avvolti dalle fiamme blu.

Le sfioro un orecchio. Ha le orecchie piccole e aggraziate delle donne dei ritratti ukuyo-e, ma al tatto sono più ruvide di quanto pensassi. Il suo profilo delicato mi ricorda le dee misericordiose di Angkor Wat.

Lei si sistema sotto il cielo stellato di una trapunta decorata di putti: un rimasuglio della mia infanzia neonatale. Adesso la usa Cassy quando si stende sul divano, e la stoffa imbottita è impregnata di un sentore basilare che per me è sinonimo di mamma, anche se non posso dire che sia buono …

Appoggio la testa sulla spalla di Meg, concentrata sul film.

Ci stringiamo di più all’abbraccio di un pupazzo termico riscaldato al microonde. È un gatto bianco col collo molliccio, la pancia soffice di semi e il pelo di lana a bitorzoli. Me l’ha regalato a Natale e, dopo vari nomi di prova, l’ho chiamato Polenta (in onore di certi leggendari piatti della gastronomia veneta), e in fondo non avevo fatto altro che seguire un consolidato filone di anime dove i pets diventano all’occorrenza razioni alimentari.

Comunque, adesso la scena mi fa venire in mente quando, da bambina, mi ero fermata a dormire nella sua casa di campagna, in un paesino dell’Entroterra: io e lei in un grande lettone insieme alla pecora Dolly.

Forse quella – come altri ovini letterari – era una bestiolina metaforica, con l’aggravante di essere di peluche, ma è rimasta impressa nel mio cuore con il tepore indelebile dell’amicizia.

Con un ronzio informatico, il computer fa partire un nuovo file: ora gli agenti dell’Unità Veicoli Speciali Patlabor riflettono sulla guerra giusta e sulla pace ingiusta mentre uno stormo di uccelli neri – com’esuli pensieri – vola dietro a un dirigibile con su scritto Ultima Ratio.

La fantascienza vista a posteriori sa sempre u po’ di ridicolo.

O di premonizione.





sabato 9 marzo 2013

DANNAZIONE Chuck Palahniuk



Mi sa che la cosa peggiore che mi hanno insegnato è stata sperare (p. 25)


Mi aiuti a superare la dipendenza dalla speranza (27) / Sono speranza-dipendente (42). / È la sindrome di Pollyanna e il mio è un lunghissimo caso di bicchiere mezzo pieno (118)

Per dirla in termini tecnici, il tempo all’inferno non è composto da giorni e notti, ma da un’eterna penombra sottolineata dal bagliore arancione delle fiamme e dal fluttuare di nuvole di vapore bianche e nuvole di vapore nere (28)

Non è giusto, no, ma quello che per un uomo è un dio, per un altro è un diavolo → Ogni dio destituito veniva relegato all’inferno (pp. 36-37)

Perfino se quell’Ahriman tornasse qui per farmi a pezzi e divorarmi sarebbe meglio che non essere considerata per niente (39)

[…] Qualcuno che è finito all’inferno per aver pregato il dio sbagliato (p. 41)

La spilla da balia che ha nella guancia si muove, riflettendo l’arancione delle fiamme (42)

La strada per l’inferno è lastricata di trovate pubblicitarie (51)

L’Ade era un posto dove sia i corrotti sia gli innocenti andavano a dimenticare i peccati e i residui dell’ego [ …] L’inferno concepito come clinica di disintossicazione, una sorta di ospedale dove andare a curarsi dalla dipendenza dalla vita (51).

È evidente che tutto questo panico contiene un elemento ludico (p. 61)

La voce (di Goran) profonda come una sirena da nebbia (67).

G pareva vivere in un suo perenne isolamento , sottratto al mondo da chissà quale orribile vicenda di difficoltà e privazioni, e io per questo lo invidiavo (67).

Devi fare un enorme sforzo per stabilire se sei destinata a essere o a non essere (73)

Per quanto mi alletti la prospettiva di una gotica, fantasmatica immortalità, attacco a urlare (74)

Tutti quanti sembriamo un po’ misteriosi e assurdi al nostro prossimo (74) / Tuta questa affinità che sento con Goran è dovuta al fatto che a lui non è stato concesso di avere un’infanzia e alla sottoscritta è stato assoluto divieto di invecchiare (118).

Guardai quella me smarrita / Guardai quella strana ragazza abbandonare la rugosa mappa formata dalla sua linea della vita, da quella dell’amore e da quella del cuore (75) / Quelle linee della vita e dell’amore non sono semplicemente interrotte, ma svanite (126)

Inferno = una delle più grandi aziende della storia. Il suo marchio è ormai sinonimo di tormento e sofferenza (83)

[Madison] di se stessa vi dirà qualsiasi cosa. Tranne la verità (83)

Non è giusto, no, ma a quanto pare l’unico essere immortale autorizzato a flirtare con gli esseri umani è Dio stesso (85)

Per gli psicologi junghiani, una stanza completamente bianca è la più calzante rappresentazione della morte (90).

Quartier generale = facciata incompiuta e al tempo stesso già in rovina (91) / macerie di vita insettiforme (92).

Se una qualche percezione avevano della morte, era solo nei suoi espressioni più superficiali come le rughe nelle persone anziane e prossime alla loro scadenza naturale (93)

Se una persona non praticava un’attenta cura del proprio aspetto, prima o poi la vita s’interrompeva (93)

Le persone dimostrano la loro santità con le buone azioni o con la profondità della fede? La gente va in paradiso perché si comporta bene o perché è predestinata … perché è intrinsecamente buona? (97)

Dio è un coglione razzista, omofobo e antisemita, oppure mi sta mettendo alla prova per scoprire se lo sono io? (98)

Non posso far altro che starmene seduta qui a tradire i miei genitori, a tradire il mio sesso e le mie convinzioni politiche, a tradire tutto ciò che sono per raccontare a un demone annoiato che ciò che spero di ottenere è il giusto mix di bla bla bla (99)

La maggior parte della gente fa figli non appena l’entusiasmo per la vita comincia a scemare (106) / Riprodursi è una specie di richiamino d’amore per la vita

Se i vivi sono perseguitati dal ricordo dei morti, allora i morti sono perseguitati da quello dei propri errori (106)

Quadretto impressionistico di morte vissuta (108)

O fai qualcosa di triviale ma dandoti molta importanza, oppure puoi fare qualcosa di serio in modo molto triviale (109)

Bisogna stabilire il proprio ritmo di sé, senza dimenticarsi – ogni tanto – di rallentare (111)

Da bambino sei realmente convinto che crescere sarà la soluzione a tutti i problemi (112)

Il problema è che i figli difficili non si possono salvare per sempre (112) / Niente e nessuno è al sicuro per sempre (112)

Il più delle volte, a leggere ci si sente esattamente come se si fosse morti (115) / Jane è soltanto inchiostro stampato su una pagina, eppure è realmente, realmente convinta di essere una persona in carne e ossa (116)

Giuro, la smetto di cercare di smettere (118)

La lucidità di un bambino consapevole che nessuno mai verrà in suo aiuto (126)

Gli eccessi comportamentali non si risolvono come per magia (128)

È così che l’inferno piega le persone: permettendo loro di dare sfogo ai propri difetti in modo sempre più esasperato, diventando feroci caricature di se stesse (129)

È incredibile come diventi sicura di te stessa, se non hai più niente da perdere (131)

Danno vita a un tableau vivant di elegante bellezza. Entrambi così splendidamente pronti per un’inquadratura a due, che non resisto alla tentazione di incasinargli un po’ lo zen (134)

A dire la verità, non sono più nemmeno sicura di chi sono io (179)

Quando non sai cosa ti riserva il futuro, guarda con attenzione il passato (179)

La morte, proprio come la vita, è ciò che ciascuno decide di farne / Se l’inferno è soltanto perché siamo convinti che debba essere un paradiso (230)

RINGO CURRY RICE (リンゴカレーライス)




Spezzatino di manzo



Cipolla

Patata

Carota

Mela rossa (royal o stark)


Yogurt

Curry

Cumino

Farina


Riso bianco



Far bollire una patata piccola e una o due carote

Far dorare un po’ di cipolla (forse meglio bionda) con olio

Aggiungere la carne e poi versare un po’ del liquido di cottura delle verdure



Mescolare mezzo vasetto di yogurt, curry, cumino e farina. Aggiungerlo nella padella e, eventualmente, mettere altro curry o altra farina in modo che la salsa sia densa e profumata. Dopo circa 15 minuti di cottura aggiungere la patata tagliata a dadini, la carota a rondelle e un pezzo di mela rossa (circa metà)

Cuocere per altri 10 minuti a fuoco basso



Cuocere il riso: lasciarlo tostare per qualche minuto, smuovendolo continuamente perché non attacchi

Coprirlo di liquido e mettere un coperchio

Lasciarlo cuocere per circa 20-25 minuti



Mettere il riso in una metà del piatto e la carne nell’altra

PESCE SICULO



Trancio di pesce (verdesca, tonno, spada …)



Sugo di pomodoro

Cipolla rossa

Capperi

Olive nere

Pomodorini



Far soffriggere mezza cipolla con un po’ d’olio

Aggiungere due cucchiai di sugo di pomodoro (quello già sminuzzato, non i pelati)

Aggiungere dell’acqua

Mettere al centro le fette di pesce

Aggiungere una manciata di capperi e una manciata di olive

Cuocere per circa 25 minuti.

A metà cottura, girare le fette e aggiungere qualche pomodorino tagliato in due



Come contorno potete mettere melanzana tagliata a dadini

Usare per accompagnare pasta, riso o cereale

giovedì 7 marzo 2013

FARINATA MITTEL-MEDITERRANEA




Farinata




Salsiccia (di pollo)

Gorgonzola



Melanzana

Radicchio rosso

Pomodorini

Cipolla

Capperi

Semi di senape



Pepe

Salsa di senape



Rosolare la salsiccia finché non è ben dorata

Tagliare la melanzana a dadini e cuocere insieme al radicchio spezzettato e alla cipolla ad anelli (mezza acqua e mezzo olio)

A metà cottura, aggiungere pomodorini spaccati in due, capperi (lavati) e semi di senape

Sistemare metà della verdura su un pezzo di farinata e metterci sopra la salsiccia; Mettere il resto su di un altro pezzo e piazzarci sopra il gorgonzola (se dovete far scaldare il piatto nel microonde, ricordatevi di togliere il formaggio altrimenti si scioglie troppo. Meglio scaldare e poi rimetterlo sulle verdure calde)



Guarnire la salsiccia con la salsa di senape e il gorgonzola con pepe abbondante

mercoledì 6 marzo 2013

HYOUKA






Come si è già detto altrove, Hyouka è una delle serie più discusse del 2012 ma presenta indiscutibili


lati positivi: innanzitutto la qualità dell’animazione e l’eccellente character design. La colonna sonora vanta pezzi di musica classica di Bach e Beethoven e brani originali di Kouhei Tanaka e si è aggiudicata il NekoAward di quest’anno per la opening (anche se il mio voto andava decisamente alla seconda ending mentre trovavo la seconda op irritante!)

La Kyoto Animation, reduce dai grandi successi di K-ON e La malinconia di Haruhi Suzumiya, ha lasciato la strada già percorsa per sperimentare qualcosa di nuovo cimentandosi nel “mystery”. Le virgolette sono d’obbligo perché si tratta di un tipo di “mistero” molto diverso da quello che ci si potrebbe aspettare: non ci sono delitti o morti sospette, ma solo fatti strani che punteggiano la vita quotidiana di un liceo giapponese, scandita dalla normalità degli eventi stagionali. In questo senso, trovo dei punti di contatto tra Hyouka e Sayonara Zetsubô Sensei: in entrambi i casi, la trama si basa su di una serie di equivoci, giochi di parole, ruimandi visivi e intuizioni, e anche la costruzione grafica di ambienti e personaggi è analoga (Kaho, la chiromante somiglia Kiri Komori, l’hikkikomori che si nasconde sotto una coperta). I piccoli gialli sono la trasposizione delle storie proposte in 4 light novel di Honobu Yonezawa e si sviluppano seguendo archi narrativi lunghi, oppure si esauriscono in una sola puntata, ma il meccanismo è sempre lo stesso, ossia il ragionamento induttivo tipico dei maestri del giallo (citati esplicitamente nella serie), da Conan Doyle ad Agatha Christie.
A fare la parte del detective è Hotarô Oreki, un ragazzo apparentemente apatico ma dotato di grandi capacità di osservazione; a fargli da controparte nelle sue ricerche c’è naturalmente il suo amico fidato Satoshi Fukube, tratteggiato con un carattere opposto. All’apparenza è spensierato e allegro ma la sua psicologia si svela man mano che l’anime procede, mostrando diverse sfaccettature nascoste. È stato notato che il rapporto tra i due ragazzi ricorda quello tra Tomoya e Sunohara in Clanned (altra produzione dello studio), tanto che sono stati scelti gli stessi doppiatori, togliendo un po’ di personalità ai personaggi. Non avendo visto Clanned, mi sono venute in mente altre connessioni: anche per l’aspetto esteriore, Fuku mi ricorda Nobu di Nana – eternamente secondo.

La costruzione della vicenda invece potrebbe essere la realizzazione della trama del manga fittizio Perfect Crime Party che compare in Bakuman, dove i protagonisti – dei bambini delle elementari – mettono in scena piccoli scherzi e indovinelli che si risolvono grazie all’attenta osservazione dei dettagli (Non a caso, il rappresentante del Club di Go somiglia a Eiji Niizuma!). Ed in effetti, l’anime risente dello stesso difetto del lavoro del duo Ohba / Obata: le battute dei dialoghi sono spesso un po’ troppo lunghe e farraginosi, togliendo un po’ di ritmo agli episodi (ma forse questo dipende anche dal fatto che l’ho visto con i sottotitoli in inglese).

Ovviamente, del Club di Letteratura Classica (koten-bu) fanno parte anche due ragazze. Mayaka Ibara ed Eru Chitanda. La prima sembra scontrosa ma è sempre disposta ad aiutare tutti ed è innamorata di Satoshi. La sua personalità, ben delineata dal doppiaggio di Ai Kayano (Menma di Ano Hana; Kanade in Chihayafuru); la seconda è l’immancabile figlia ricca la classica nadeshiko yamato con caratteristiche moe che forse richiamano Tomoyo di Card Captor Sakura. La sua gentilezza un po’ datata incarna diversi stereotipi tipici delle serie di ambientazione scolastica e a volte si ha l’impressione che serva solo a creare siparietti comici. Effettivamente, è lei a spronate Hotarô e a suscitare il suo interesse ripetendo il tormentone “ki ni narimasu” (sono curiosa) oltre a risvegliare un’attrazione sentimentale inconfessata, ma penso che la sua reale funzione sia aprire uno spiraglio sulla concezione gerarchica della società nipponica, esattamente come la coppia Fukube / Oreki va letta per la sua intrinseca asimmetria.

Per capire il senso della serie e l’evoluzione dei rapporti interpersonali tra i quattro protagonisti è, infatti, necessario conoscere la dicotomia tra essere e apparire (tra tatamae – ciò che si mostra in pubblico – e hon’ne – ciò che si prova veramente) sulla quale si basa la vita nel Sol Levante: bisogna sempre mantenere separati i due piani! Allo stesso modo, per giungere alla soluzione di un enigma, occorre scindere razionalità ed emotività e scartare le opzioni impossibili.
Intorno al nucleo formato dal koten-bu ruotano gli altri studenti della scuola.Fuyumi Irisu detta L’imperatrice (Jotei) – a cui si abbina Jirô Tanabe, il presidente del consiglio studentesco – è forse il personaggio più noir in senso tradizionale, dato che il pallore e l’alterigia sembrano rimandare ai manga cupi di Kei Toume (per esempio Il silenzio degli innocenti), mentre la sua compagna di classe, Misaki Sawaguchi è disordinatamente solare richiama ancora una volta il tratto di Ai Yazawa (il parallelo è soprattutto con Miwako di Paradise Kiss). Ma il vero nocciolo “noir mystery” è costituito dalla coppia Tomoe Oreki / Jun Sekitani. La sorella di Hotarô, appena tornata dal suo personale viaggio di formazione, era solita spedire lettere al fratello consigliandogli di entrare nel club di letteratura e, senza mai apparire interamente, pare trasformarsi nella rappresentazione della coscienza del protagonista più che essere una presenza reale. In modo simile, lo zio di Eru Chitanda ha un antico legame con l’istituto Kan’ya e ne interpreta le istanze collettive, restando sempre nell’ombra come leader del movimento studentesco degli anni Sessanta. Il ciclo introduttivo è anche il più lungo e quello che ho trovato più interessante per la peculiare ricostruzione storica del contesto che, per la prossimità temporale, è paragonabile a quello di La Collina dei Papaveri di Gorô Miyazaki o alle atmosfere più serie del film Notte e Nebbia del Giappone di Nagisa Ôshima.

A fronte di tutte queste considerazioni, è pur vero che le potenzialità delle singole situazioni non sono state utilizzate fino in fondo e le relazioni tra i diversi ragazzi potevano dar luogo a un intreccio più articolato, magari agendo meglio da collante fra i vari segmenti narrativi che, così sono legati da un filo conduttore un po’ troppo esile.



TORTINO DI PERE & NOCI



Pere


Noci

Latte

Farine (io ho utilizzato segale + farro)

Miele

Burro

Latte

Cannella

Scorza d’arancia



Marmellata d’arancia

Yogurt bianco



Rompere una decina di noci e tritarle (o prenderle a martellate!) e farle dorare in un pentolino con un po’ di latte, miele, cannella in polvere e scorza d’arancia

Tagliare mezza pera a dadini e metterla in una ciotola di ceramica profonda

Aggiungere farine e latte e versare le noci (togliere la scorza!)

Controllare che il composto sia fluido e tutti gli ingredienti siano mescolati e coperti di liquido

Mettere nel microonde per 10-15 minuti a 850 watt, controllando che non si stia seccando troppo (in questo caso, tagliuzzare la superficie e aggiungere latte [o acqua])



Lasciar freddare



Tagliare l’altra mezza pera a rondelle, disporle in un piatto e farle cuocere (aggiungete un po’ d’acqua e copritele con pellicola o con un altro piatto, sennò si seccano!)

Capovolgere il dolce sulle pere

Guarnire con un cucchiaino di yogurt bianco e marmellata d’arancia (io avevo quella all’arancia e pera!)

[M ci ha aggiunto due fettine di fragola, ma non erano previste in origine!]



Prima di servire, fatelo scaldare nel microonde per un minuto a 750 watt

OMELETTE GENTILLE OMELETTE (Prosciutto, Formaggio & Funghi)


Uova


Prosciutto cotto

Formaggio a fette

Funghi surgelati

Rosmarino

Parmigiano

Zucchero

Burro

Ketchup



Contorno di broccoli





Sbattere le uova con rosmarino, parmigiano, sale e una punta di zucchero

Versare in una padellina da crêpes imburrata e far colare, in modo che l’uovo copra tutta la superficie

Aspettare che l’uovo si rapprenda e poi mettere al centro due fette di prosciutto e una di formaggio

Aggiungere sopra una manciata di funghi

Arrotolare usando una paletta

Guarnire con il ketchup

sabato 2 marzo 2013

RISO PILAF AL FORNO & PESCE ALL'ACQUA PAZZA




Riso


Chiodi di garofano

Burro

Porro



Pesce (la ricetta originale prevedeva orata o branzino, ma funziona con qualsiasi fetta di pesce un po’ spessa. Io ho usato VERDESCA)

Pomodori (meglio se ciliegini)

Prezzemolo

Vino bianco da cucina

Pepe

Verdure a piacere (Io ho messo CAROTA e RAPA)

Olio

Sale rosa himalayano



In una terrina di terracotta, far sciogliere il burro rosolandolo con il porro

Aggiungere il riso e i chiodi e mescolare per qualche minuto

Coprire bene tutto il riso con l’acqua delle verdure che avete fatto scottare. Tappare con un coperchio senza lasciare sfiati e mettere in forno a 200° per 25-30 minuti



Mettere il pesce in una pirofila da forno e aggiungere il liquido (mezza acqua delle verdure e mezzo vino) coprendo il pesce per circa metà dell’altezza della fetta

Tritare prezzemolo

Aggiungere i pomodorini tagliati a dadini e le verdure che avete fatto scottare

Aggiungere pepe olio e sale rosa

Infornare per circa 30 minuti

Se avete messo troppo liquido, potete toglierne un po’ e aggiungerlo nel riso!



TOMINO ALLA PIASTRA & GNOCCHI AL PESTO

Gnocchi


Fagiolini

Pesto

Parmigiano

Stracchino

Aglio

Pinoli





Tomino di latte vaccino

Miele

Pepe





Aggiungere al pesto industriale lo stracchino e il parmigiano, l’aglio e i pinoli

Buttare nell’acqua i fagiolini per 15 20 minuti

Quando mancano circa 5 minuti buttare gli gnocchi



Cuocere il tomino su di una pentolina antiaderente con un pezzo di carta da forno per circa 4 minuti e poi girare con una spatola e lasciare per altri 2 minuti

Mettere il formaggino al centro della pirofila di portata e guarnirlo con una puntina di miele e pepe

Disporre intorno gli gnocchi ben caldi

STORIA DI UN CORPO Daniel Pennac




Scrivendo le note a questo diario (per Lison), mi salta agli occhi tutto quello non ho annotato. Aspiravo a dire tutto, e ho detto così poco! A malapena ho sfiorato questo corpo che volevo descrivere (p. 332).


Violine sola di fronte a uno specchio di sofferenza (p. 92).

Datemi questa virgola e ne farò n punto esclamativo (p. 97)

Resistenza = corpo unico di combattimento in cui erano i pensieri a essere mobilitati. Nei negozi, la clientela è un corpo unico e le parole sono fisiche

Nei due anni in cui sono entrato nella danza macabra, il mondo ha avuto i nervi a fior di pelle al posto mio (p. 106).

Le guerre finiscono per tutti (109).

Andare a letto con una persona grassa è come fare l’amore con una nuvola (p. 121).

Ad attirarmi inizialmente è stata la grana della voce, la grazia un po’ brusca dei gesti, la lunga eleganza, il sorriso carnoso (120)

Decomposizione organica: vuol dire che l’anima puzza di merda? (124)

[L’escursionista caduto in una falesia] Per tutta la vita si è ricordato di questa perdita di speranza come dell’esperienza stessa della beatitudine (134)

Io non facevo altro che condurre accanto a lei la mia vita di bambino troppo giudizioso (p. 135).

Auto-divoramento delle pellicine interne del labbro come bucce di me stesso: ho il vago timore di aver raggiunto il limite del supplizio oltre il quale la carne così sollecitata si rifiuterà di cicatrizzarsi. Piccolo rituale isterico con una componente suicida (p. 136).

So che l’angoscia mi aspetta al varco all’uscita del sonno (p. 138) Il cuore si sottrae alla presa e sfugge all’angoscia; si rituffa nel sonno con l’agilità do un delfino, sonno che ha cambiato natura, o meglio consistenza, sonno diventato materia lucida di un benessere familiare (p.139).

La noia elevata al rango di metafisica (p. 142).

Il freddo mi è saltato addosso e mi è entrato dentro. L’inverno ci invade, l’estate ci assorbe (p. 142).

Stoicismo sognante dell’amico scimpanzé (p.144).

L’invecchiamento è un fenomeno di ossidazione generalizzata. Noi arrugginiamo (p.143).

Piccione morto = Pura fantasia di inquinamento visivo! C’è qualcosa di particolarmente infettivo nell’immagine di un uccello morto. La prefigurazione di una pandemia (p. 148).

Il disegno, nei bambini, è un linguaggio in espansione. L’apprendimento della scrittura avrà la meglio su questa vastità (p. 149).

Il mio corpo non danza, ma il cuore invece sì (p. 154).

Resto ogni volta stupito dalla densità di quei piccoli corpi [dei bambini], come se maneggiassi energia allo stato puro, tutta l’energia di due esistenze a venire fantasticamente racchiusa in quella carne infantile così compatta, sotto quella pelle così delicata (p.156). / A quale divinità muta appartiene lo sguardo che i neonati posano su di te senza battere ciglio? Su cosa si affacciano quegli occhi con la pupilla così nera, con l’iride così fissa? (p. 210). / Lison (incinta) partecipa alle conversazioni con una gioia di vivere che mi sembra amplificata da una forza a lei estranea. “il volto della donna muta. È come dominata dal futuro che uscirà da lei, e già non è più se stessa” (citazione dal Dottor Zivago) (p. 216).

Giorno dopo giorno, il mondo sarà più pesante di quel che è. Allora l’angoscia si insinuerà nella mia stanchezza e non sarà più il mondo a sembrarmi troppo pesante, ma io stesso in seno al mondo, un Io impotente, vano e bugiardo ecco cosa mormorerà l’angoscia all’orecchio della mia coscienza esausta (p. 172).

Un puro stato nervoso dalle conseguenze fisiche immediate e i pensieri corti come il fiato. Impossibile concentrarsi, dispersione assoluta, accenni di gesti, accenni di frasi, accenni di riflessioni, niente arriva fino in fondo, tutto rimbalza verso l’interno, l’ansia rimanda sempre al cuore dell’ansia (p. 173).

Non mi agito, mi spengo / Ogni quattro ore mi isolo per sanguinare in pace / A ogni emorragia segue un’insopprimibile tristezza. Come se la malinconia riempisse lo spazio lasciato libero dal sangue perso. Mi sento assalito dalla morte (p. 176).

Angiomi rubino (p. 184).

Maggio 1968. La piazza sta forse scrivendo il diario del corpo? (p.184)

D’inverno vestirmi significa trovare l’equilibrio tra la temperatura esterna e quella dei vari “fuori” (p. 186).

Portiamo in giro il volto come una radioscopia dell’anima (p. 188).

Ogni risveglio è per me una promessa di addormentamento. Tra un sonno e l’atro, fluttuo (p. 191).

È la felicità del corpo a fare la bellezza del paesaggio (p. 201).

Che mi sia restituita la mia durata! Che le mie cellule rallentino! (p. 202).

Ho sempre detestato lo sport inteso come religione del corpo. Il pugilato era per me una specie di danza ludica, un’arte della schivata.

L’uomo teme davvero solo per il proprio corpo (p. 218).

Villa neo-vittoriana di madame P. Prendere il tè sotto un albero cresciuto in mezzo a un campo da tennis in disuso = come trovarsi in un quadro di Magritte.

Per me il ruolo ha sempre avuto la meglio sull’ansia. In compenso i nostri cari , gli intimi, sono quelli che ci vanno di mezzo, proprio perché sono nostri, costitutivi di noi stessi, vittime sacrificali del moccioso che restiamo per tutta la vita (p. 229).

Che farò della mia ansia quando sarò in pensione? Chi combatterà i grovigli ontologici quando sarò privata di questa compagnia che mi è necessariamente indifferente? (pp. 230-231).

In fin dei conti, non ci dispiace affidare la nostra sorte ai capricci della meccanica (232-233).

Avrei dovuto tenere un diario delle mie dimenticanze (p. 237).

Sono un giroscopio: un asse malfermo intorno a cui gira il mondo (p. 243).

Sono quindi dotato di una “cultura delle vertigini” e, come ogni detentore di sapere, soggetto a interpretazioni erronee (p. 244).

Andare a vedere dall’altra parte di quella maledetta adolescenza se il cielo promette una schiarita (p. 245).

Solo la bocca sorrideva, di un sorriso involontario, una reminescenza di sorriso, come se ricordasse di aver sorriso un tempo (p. 245).

Tra il mondo e me, l’ostacolo del mio corpo (p. 250).

Signore e signori, moriamo perché abbiamo un corpo, ed è ogni volta l’estinzione di una cultura (p. 257).

La parola produceva un’impressione di vertigini e soffocamento. In fondo questo diario è stato un perenne esercizio di messa a fuoco (p. 258).

Non c’è comicità senza educazione (p. 260).

Alcune malattie, per il terrore che suscitano, hanno il il vantaggio di farci sopportare tutte le altre (p. 260).

Privo ormai del contatto con il mondo e con me stesso, cosa viva che non ricorda di aver vissuto (p. 261).

L’enigma si sfilaccia, diventa la materia stessa del sonno e mi assorbe / L’uccello che mi ha strappato alla lettura canta nel silenzio di questa ignoranza. Peraltro non è il suo canto che ascolto, bensì il silenzio stesso (p. 263).

Embolia polmonare (p. 267).

Com’e trasparente l’aria di Parigi! Parigi non riesce mai a puzzare davvero di benzina (p. 273).

Il malato fa i conti con la propria materia. Tutto ciò che abbiamo passato la vita a nascondere e a tacere è improvvisamente qui (p. 276).

Sono una clessidra (p. 277).

Viso giovane / viso anziano = un frutto sodo e un frutto vizzo (p. 279).

Dal “non posso più” al “non ho più voglia” c’è solo un passo. Ma quel passo bisogna compierlo a occhi chiusi. Ermeticamente. Se li apriamo anche solo di pochissimo , vediamo sotto i piedi l’insondabile abisso del non essere più (p. 282).

Questi piccoli portatori di piercing sono, nel senso letterale del termine, segnati da quest’epoca disincantata (p. 285).

Guardare il corpo nudo di Nazaré significa tuffarsi nella sua pelle di ciottolo bagnato (p. 287).

Ciò che provano i resuscitati, ora lo so, è l’avvento di questo corpo esultante, fusione di tutte le età (p. 289) / Mi sarà più dolce morire in veste di resuscitato (289).

Non complicarmi la morte (289)

Ho visto progredire la malattia e la devastazione della cura (289)

Grassoegrosso (290)

Trascinate dal vento, le sue ceneri si sono sparpagliate, raccolte, sparpagliate di nuovo, hanno virato su un ala per esplodere di nuovo (p. 291) [morte di Tijo].

Il più vecchio è quello più vicino all’uscita (p. 292)

Cinema = Illusione otticosonora (p. 296).

La nostra esistenza fisica, la passiamo a esplorare una foresta vergine che è già stata esplorata mille volte prima di noi (p. 298).

Duplice solitudine di omosessuale e di vedovo ufficioso (p. 300).

Non c’e nulla di suicida, solo una valutazione erronea del reale, come se avessi perso la misura del pericolo, qualsiasi timore e peraltro qualsiasi desiderio particolare, come se la mia coscienza avesse lasciato il corpo in balia dei capricci della vita (p. 301).

Dobbiamo prestare fede ai nostri risvegli (p. 302).

I nostri morti tessono per noi i ricordi . la materia del loro corpo – questa alterità assoluta – ecco cosa avevo perduto! (p. 309).

Mi lasciavo invadere dalle immagini (311)

Sono l’epicentro della sua ciclonica indifferenza (p. 312)

Se bisogna finire, che sia a tutta velocità, nel punto più duro della salita.

Quando hai tenuto per tutta la vita un diario del corpo, un’agonia non puoi certo negartela (317)

Non ho mai considerato il mio corpo come oggetto di curiosità scientifica, non ho mai cercato di decriptarlo sui libri. Gli ho sempre lasciato la libertà di sorprendermi (p. 319).

La nostra anima è nelle nostre ossa. Mi hanno strappato a me stesso e il dolore persiste (p. 320)

Siamo fino alla fine figli del nostro corpo. Figli disorientati (p. 325).

Accelerazione e rallentamento … Mi sento come una moneta che finisce di ruotare su se stessa. / Ogni lettera è un ascensione, ogni parola una montagna (p. 332).

Adesso, mio piccolo Dodo, è ora di morire. Non aver paura, ti faccio vedere come si fa (finale: p. 333).