venerdì 25 gennaio 2013

WILLIAM EUGENE SMITH



William Eugene Smith (Wichita, 30 dicembre 1918 – Tucson, 15 ottobre 1978) è stato un fotografo documentarista statunitense.


Cominciò a fotografare giovanissimo, ma degli scatti dell'allora quattordicenne Smith non rimase traccia: fu lui stesso distruggerli anni dopo, giudicandoli troppo scarsi. Qualche anno dopo iniziò a collaborare con il giornale della sua cittadina e, nel 1936, fu ammesso alla Notre Dame University dove un corso di fotografia fu istituito appositamente per il promettente giovane fotografo.

Abbandonata l'università, inizio a collaborare con il settimanale Newsweek, da cui fu allontanato per aver rifiutato di lavorare con le macchine Graphic 4x5.
Nel 1939 viene contattato dalla rivista Life, con cui inizia una collaborazione che lo porterà, nel corso degli anni successivi, a coprire come fotografo di guerra il teatro bellico del Pacifico: alcune delle immagini scattate durante queste operazioni divennero vere e proprie icone della seconda guerra mondiale, e dimostrarono la capacità di Smith di raccontare la storia in fotografia.
Il 23 maggio 1945 venne ferito al volto dall'esplosione di una granata: nei due anni successivi fu costretto a dolorosi interventi e a una lunga riabilitazione, in un periodo in cui si domandò più volte se avrebbe mai ripreso a fotografare. La fotografia "A walk to Paradise Garden" fu la prima realizzata dopo la malattia, e simboleggiò perfettamente la rinascita dell'autore unita alla speranza del mondo dopo il termine del secondo conflitto mondiale.

Negli anni successivi Smith torna a collaborare con Life e realizza alcuni dei reportage più celebri pubblicati dalla rivista americana: su tutti "Spanish Village", in cui è raccontata una cittadina spagnola in pieno franchismo, e "Country Doctor", narrazione fotografica dell'attività di un medico generico nella campagna americana.

Il rapporto con Life finì per deteriorarsi, e con esso - più in generale - crollò la fiducia di Smith verso il sistema dell'informazione americano. Nonostante questo, nel 1971 realizzò uno dei suoi reportage più riusciti, "Minamata", in cui fotografò i tragici effetti dell'inquinamento da mercurio in Giappone.
Grazie all'interessamento di Ansel Adams, ottenne nel 1976 una cattedra all'Università dell'Arizona, ma una grave forma di diabete lo portò prima al coma e successivamente alla morte, che lo colse nel 1978

MAX PECHSTEIN


Dopo aver frequentato la scuola d’arte di Zwickau, dal 1902 al 1906 studiò all’accademia d’arte di Dresda.
Nel 1906 incontrò Erich Heckel, uno dei fondatori del gruppo espressionista Die Brücke (Il Ponte).
Nel 1907 fece un viaggio in Italia, poi visitò Parigi, dove ebbe modo di ammirare da vicino le opere dei Fauves, di Matisse e di Van Gogh.
In questi anni il suo stile cessa di rifarsi all’impressionismo per evolvere verso un espressionismo dal cromatismo acceso ma allo stesso tempo temperato: a differenza di molti altri espressionisti, Pechstein ha uno stile con minore violenza drammatica.

Dopo essersi trasferito a Berlino nel 1908, si fece promotore della Nuova Secessione, per poi avvicinarsi al gruppo del Blaue Reiter.
Nel 1913 tornò in Italia per un lungo soggiorno a Firenze e in Liguria e nel 1914 si recò alle isole Palau, nel Pacifico del sud; questo mondo totalmente nuovo, senza le costrizioni delle convenzioni europee, sarà da lui romanticamente idealizzato come un paradiso terrestre.
In questi anni, ispirato dai suoi viaggi, crea i suoi lavori migliori, pieni di violenta sensualità, di fascino per l’esotico e di ideali di comunione con la natura.
Le sue opere tendono a diventare sempre più primitive, in cui la componente decorativa finisce per prevalere su quella puramente emotiva.

Il colore è ricco e modulato, ma più morbido rispetto ad altri pittori espressionisti, ed incorpora spesse linee nere che bloccano le forme in una strana immobilità, carica di stupore e contemplazione.

Negli anni immediatamente successivi alla prima guerra mondiale si guadagnò un considerevole successo, ottenendo anche numerose commissioni per mosaici e vetrate; nel 1922 fu nominato membro dell’Accademia di Berlino.
In questi anni la sua pittura si fa più naturalistica, senza però raggiungere i picchi artistici e gli slanci emotivi del passato.
Nel 1933, con l’avvento dei nazisti, Pechstein fu destituito dall’Accademia e le sue opere furono rimosse dai musei tedeschi; molte di esse furono mostrate nella mostra d’arte degenerata del 1937.
Dopo la seconda guerra mondiale fu reintegrato all’Accademia.

Morì a Berlino il 26 giugno 1955.



mercoledì 23 gennaio 2013

SONNO PROFONDO (Banana Yoshimoto)




A dormire accanto a persone così stressate, regolando il mio respiro su quello del loro sonno, forse finisco per assorbire tutto il buio che hanno dentro (p. 22)


In quel momento ebbi l’impressione di cogliere tante cose nel colore dei suoi occhi, più cupi del mare, che sembravano guardare l’infinito (p. 25).

Ma anche nei momenti migliori, quando ero con lui, c’era sempre quella tristezza. Chissà perché quel senso d’inspiegabile malinconia non si staccava mai da me, come il pensiero di una luna che brilla lontano mentre m’immergo nel fondo della notte, una notte che mi tinge di blu fino alla punta delle dita (p. 30).

Quando stavo con lui, ero una donna muta (p. 30).

“Mi chiedo perché quando sono a letto con lui, ho questa sensazione d’inverno” (p. 30).→

In quel momento m’immaginavo tutte le cose dolci che forse sarebbero potute nascere tra noi, eppure, non so perché, le immagini che mi venivano erano tutte invernali. […] E in questo c’era già qualcosa di triste (p. 54).

“Almeno per il momento, tu per lui non sei nulla: sei un giudizio sospeso, il bottone premuto su PAUSA, una riserva, un optional (pp. 30-31).

Quella notte in casa di Shiori il silenzio era davvero assoluto. Era come stare dentro a una casa fatta di neve. Il tono lieve della voce di Shiori accentuava la tranquillità (p. 32).

“Chi, io?” […] La domanda parve ruotare sul pavimento debolmente illuminato dalle luci di fuori, e in un attimo il passato, il presente e tutti i miei ricordi si confusero. […] Per un istante tutti i miei ricordi prima di stare con lui, mi sembrarono cancellati (p. 38)

A dormire accanto a qualcuno, vicino fino a diventare la sua ombra, si può finire col riprodurre dentro di sé la sua anima, con l’assorbirne tutte le tenebre. Com’è successo a te che a furia di conoscere i sogni di tante persone, alla fine senza accorgertene eri arrivata a un punto in cui non potevi più tornare indietro, in una situazione così pesante da non aver altra scelta che morire (p. 39).

Il mio sogno […] era un’altra realtà che attirava in modo irresistibile chi la guardava e dove i colori, la prospettiva, le sensazioni erano più veri del vero (p. 42).

In quale lontano strato della notte dove si trovava sua moglie? E il luogo dov’è Shiori sarà in quelle vicinanze? È lì, dove le tenebre devono avere una densità inimmaginabile, che anch’io ogni tanto vago nel sonno? (p. 43).

Il mio nemico, evidentemente, sono io. / Nella mia coscienza che svaniva, ne ebbi la certezza. Il sonno assorbiva la mia forza vitale, soffocandomi dolcemente come una coltre di ovatta. Black-out (p. 45).

Aveva occhi che parevano guardare incredibilmente lontano, grandi e misteriosi (p. 47).

Essere solo una donna che dorme mi faceva così paura che tutto mi si oscurava davanti, ma mi sforzavo di non pensarci (p. 51-52).

Il cielo della sera, di un indaco intenso, sembrava non avere confini (p. 57).

Credo che la forza si stesse impercettibilmente rigenerando dentro di me. Anche se era stata solo una piccola onda, una piccola storia di resurrezione vissuta dal mio cuore provato dalla perdita di un’amica e dalla quotidiana stanchezza di vivere, mi fece pensare a quanto l’uomo sia fondamentalmente sano […] Nell’affrontare il buio che ognuno ha dentro di sé dopo una ferita profonda, distrutta dalla stanchezza, all’improvviso un’energia sconosciuta aveva cominciato a riemergere (p. 57).

Or volevo solo ritrovare un amore vivo, pieno di energia. […] Avrei voluto mettermi di fronte alle cose più disparate, tutte le miriadi di cose che sarebbero arrivate da quel momento in poi, per bloccarle, afferrarle al volo col mio corpo maldestro. […] Nel pensare così, tutto mi sembrò talmente perfetto che le lacrime cominciarono a salirmi pericolosamente agli occhi (p. 58).

Il mio stato d’animo era come una preghiera: “Che tutti i sonni del mondo possano essere pieni di pace” (p. 58).

mercoledì 2 gennaio 2013

KÔHSKU UTA GASSEN - The Red & White Song Battle




TRE … DUE … UNO!!!


L’ulcera di K grida rabbiosa contro gli squallidi trenini di Carlo Conti in diretta da Courmayeur, circondato da starlet in reggiseno e finte brasiliane “cacao meravilhao”.

Disperazione e angoscia dal fondo del suo stomaco.

Tutto l’amore del mondo in quegli occhi così fottutamente blu.



Come as you are /As you were/ As I want you to be.

… Come on baby, light my fire!



«Comunque per conto mio questa non è musica» La critica di Thelma arriva ovattata da dentro il fagotto di flanella di una vestaglia poco cerimoniale.

Stringo la mano di Cassy per non replicare subito con un tono troppo sgarbato. Quando ho acceso il computer percorrendo i perigliosi canali della connessione mobile, lei si è seduta accanto a me seguendo a stento le parole del karaoke che scorrevano sul mio piccolo schermo, sfidando uno Zucchero sempre più etilico e Gigi D’Alessio imbacuccato di pelo catarifrangente.

Sulle note di un rock di fine d’anno, lei è tornata e questa è la nostra personale Kôhaku Uta Gassen, la nostra battaglia canora rossa e bianca per abbattere la bruttezza del mondo.

«I Nirvana e i Doors sono stati fondamentali nella storia della musica perché hanno saputo trasmettere i sentimenti di un’intera generazione»

La risposta alla provocazione non può essere che la compiutezza di un sussidiario e, anche se K non voleva essere considerato un eroe, archivio la vittoria e lo inserisco mentalmente nel mio pantheon mentale.

Intanto provo a immaginare il calore elettrico di un kotatsu e la visita mattutina in un tempio a 9.453 chilometri da qui, dove le luci esplodono in una pioggia di petali di fuoco – i miei desideri legati al filo di un palloncino trasparente…

Ma se i megascreen di Shibuya sono troppo lontani, potremmo almeno salire in macchina e correre a Monte-Carlo per vedere le decorazioni splendenti nei giardini del casinò e le signore in abito da cocktail che scommettono i loro diamanti sul numero tredici, sotto il segno del Serpente Senza Piume. Se fosse solo un sogno, io potrei mangiare polpette lunari di riso e torroncini ricoperti di cioccolato mentre Cassy, con i capelli lunghi e neri scompigliati dal vento, alzerebbe un calice di champagne verso il futuro.

E invece siamo bloccate in una dimensione sbagliata in cui io disseziono con cura millimetrica i tre gamberoni che mi sono concessi dalla freddezza dei numeri, e lei getta un’occhiata distratta alla pornodiva che sculetta in tv nel suo vestitino da cotechino di lamé.



Una preghiera triste mi chiede perché questo luogo così quieto, che era stato un rifugio, oggi porta soltanto malinconia: «Continuo a rivedere i miei genitori seduti in cucina, mia sorella immersa in uno dei suoi noiosi libri di filosofia … Tutto è perduto!» Persino il paesaggio è cambiato: nell’orto, i limoni che d’estate sono di un bel giallo vivo, sembrano vecchi attaccati a una flebo dal letto di un ricovero e sopravvivono all’inverno grazie alla loro buccia dura, livida, arcigna. La fascetta di terreno sotto la strada, punteggiata di sacchetti putridi, si è trasformata in una discarica. I ricordi sono l’unica scintilla nelle pupille spente.

Ascolto Thelma e i suoi amici recitare una litania di acciacchi e penso ai centootto rintocchi delle campane buddhiste. Eccolo, il nuovo anno, sul ponte del Sumida-gawa.

Resisteremo alle tentazioni materiali per raggiungere il paradiso? O magari, più semplicemente, dovremmo arrenderci e assaporare la gioia di un edonismo transitorio? Beh, se questa è la realtà … “Meglio bruciare che spegnersi lentamente”, scrisse una volta un poeta canadese.

“Meglio bruciare che spegnersi lentamente”, scrisse una volta un ragazzo spaventato.

http://youtu.be/wEnwU5UGVYs

http://youtu.be/6O6x_m4zvFs

http://youtu.be/LQ123T3zD2k