giovedì 25 agosto 2011

24 agosto 2011



Avevo intenzione di postare anche l’ultimo brano del mio diario sul blog, ma è diventato troppo personale. Ci sono cose che è meglio non dire apertamente, nemmeno nel familiare spazio sconfinato della rete… Meglio allora parlare di Gheddafi che pare sparito e dei suoi figli che diventano personaggi da operetta per le pagine dei rotocalchi (la Bella Aisha, il calciatore dopato, il militare… ), della spaccatura di un Paese che fino a ieri sembrava solo un puntino sulle rotte commerciali dei gasdotti internazionali. O magari parliamo di Berlusconi che si reinventa una verginità diplomatica trattando a pranzo col leader degli insorti, dimenticando l’amicizia da circo col dittatore di qualche mese fa. O potei ingarbugliarmi anch’io cercando di spiegare la Manovra – e le sterzate – di un governo che promette senza agire e taglia senza aver mai piantato…
Ma non sono un’analista. Non lo sono mai stata. Posso solo fare riferimento al mio piccolo mondo chiuso e intimo, alla voglia che ho di scrivere di ogni minimo dettaglio delle mie giornate insignificanti. Del negro senegalese che innaffia un campo di zucchine verdi e chiare nel tramonto, del mare dorato che sfuma in un orizzonte quasi color malva.
E della casa indipendente che vorrei: un appartamento ultra-moderno e minimalista inondato di luce (verde, azzurra, arancione, rosata), minuscolo ma con un terrazzino dove poter mangiare in estate.

venerdì 19 agosto 2011

IL SUONO DEL DRAGO INCENDIATO

18 agosto 2011



Sapore crudo compatto e scivoloso. Emozionante e nuovo. Melanzane disposte a strati sulla ceramica. Dal blu al malva all’indaco cotto. E poi residui di polvere, rigirando tre volte la tazzina per presentare un fine bouquet bianco-viola a chi ti sta di fronte.
Curiosa, lei intinge il cibo nella salsa di soia. Scura e dolce (almeno, credo. Almeno, ricordo).
Difficile allontanare i demoni che non ti lasciano respirare: l’oro si trasforma in ferro coperto di ruggine in fondo ai pensieri.
Un libro. Un libro solo. Un titolo da puntare dalla lista dei desideri. Gli altri restano lì per la prossima volta. Per Natale forse…E intanto fotografi stivaletti da mandare via mms per chiedere consiglio. Come una modella civettuola, come un uccellino senza nido – i piedi leggermente girati all’interno. Quali delle tue amiche hanno un cellulare di ultima generazione? Chi ti può aiutare?
Lei ha negli occhi un entusiasmo da bambina.

domenica 14 agosto 2011

12 agosto 2011

CLARISSA LA FUNAMBOLA

Ritagliati nella geometria delle gelosie del convento, gli ulivi diradano verso il mare con la loro dolcezza contorta. Onde di brezza verde-argento. Silenzio pieno di suoni. Molti oggi non capiranno la scelta di consacrarsi per sempre alla preghiera muta. Non significa abbandonare il mondo ma diventarne una oarte silente, ferma, attonita e naturale. Come un albero, un raggio di sole o un fiore di buoganville – intensa poesia viola. Nel calore dell’estate che trema azzurra sull’acciottolato della piazzetta della chiesa, diventi granello di sale e trovi il tuo minuscolo spazio. Umilmente.
È una cosa ovvia se sei nata in un paesino incastonato tra le colline, un borgo medievale che sale all’infinito su scale di pietra levigata e tiepida, casette dipinte di fresco di giallo ligure. Qualche volta, da bambina Clarissa era andata a mangiare al ristorante della famiglia Verdibaldi. Stare sulla terrazza era come trovarsi sulla prua di una nave, in una tranquilla rotta conosciuta. E i suoi occhi già si perdevano nello strapiombo scuro, aperto appena da una pennellata blu sull’orizzonte. Civezza è il paese del circo. Immagini allegre dipinte sulle nuove bocchette del gas cittadino. Il prestigiatore che tira fuori un coniglio dal cappello, un magico orientale che levita a mezz’aria con il suo turbante e le babbucce da Genio della Lampada… E un pagliaccio triste che disegna bolle di sapone nel tramonto. La sua canzone d’amore non è forse simile al camminare in un chiostro nascosto, assaggiando il profumo segreto delle rose? Le ore lente passate a misure se stessi regalano una sensazione di lieve stordimento, la leggerezza concentrata di n funambolo che tende con scientifica attenzione un cavo tra le Torri Gemelle.


giovedì 11 agosto 2011

Ozzy - Crazy Train



11 agosto 2011


Il treno scorre nel paesaggio fatto di spuma e colline. Tornare a casa, solo per un giorno. Ed è come una guerra. Lei che ti saluta alla stazione. E le trema la voce.
A metà percorso nel vagone manca la corrente. Con uno rumore sordo precipiti nel buio interminabile di una galleria: nemmeno le ondulazioni della riga bianca da contare per ingannare il disagio di una situazione incorporea.
Cambi posto. Chiudi i finestrini tutt’intorno. Perché è agosto ma porti le maniche lunghe. Una turista tedesca al supermercato ti aveva scoccato un’occhiata curiosa e scandalizzata, un’occhiata che diceva: “Guarda, una drogata. Vengono anche loro a fare la spesa?”

Nello scompartimento ti avvolgi in uno scialle rosa e cerchi di concentrarti sul racconto che stai leggendo: assolata storia del bush africano. Ma ti devi alzare, e spostarti ancora per sfuggire all’odore pungente di sonno, lavoro e fatica che arriva a zaffate dal sedile accanto.
Ti sistemi di nuovo e controlli per l’ennesima volta di aver preso tutto. Da bambina avevi pianto per mesi per aver dimenticato sul treno la tua borsetta preferita. Era di plastica. A forma di anguria. Con i lustrini che galleggiavano dentro alle bolle di liquido sintetico.
Giri la chiave nella serratura sprangata.
L’affetto materno di Annetta – yogurt,insalata e pomodori nel frigo un girasole-calamita sullo sportello, un vassoio di plastica sul mobiletto.
La luce invade di colpo le stanze. Lo scaldabagno non si accende. L’acqua fredda risveglia i sensi intorpiditi dalla scomodità dei sedili ferroviari.



domenica 7 agosto 2011

Skunk Anansie - Hedonism



07 agosto 2011


FACCIAMO FINTA …

Facciamo finta di non vedere il topolino attaccato alla colla nello spazio claustrofobico tra il freezer e il frigorifero. Avresti voluto che gli animali molesti sparissero senza lasciare traccia, semplicemente esiliati dalla terrorifica presenza degli umani. Avevi persino immaginato una specie di consiglio strategico fatto di squittii e tremuli ultrasuoni nel solaio di casa. Come per i Makkuro Kurosuke della casa di Mei e Satsuki.
Alla fine avevi dovuto comprare la colla, per evitare che i gatti poi mangiassero prede morenti e ci rimettessero almeno una delle loro nove vite, ma avresti preferito procurarti dei bocconcini avvelenati, di quelli che fannno scoppiare una pulita emoragia nterna e togono l’aria ai polmoni. Li avresti portati a casa sfusi, in un anonimo pacchettino bianco-un tot al chlo, e li avresti dimenticati per sbaglio sul tavolo. Solo perché lei li trovasse e capisse, finalmente, quale era davvero la strada.
Aveva fatto finta di non sentirti quando ieri le avevi parlato di pillole magiche, di quella chimica fantastica che la poteva precipitare nel mondo felice di Alice. Ha chiuso le orecchie e ha continuato a parlare d’altro, come se niente fosse: della trama del libro che stava leggendo, dell’ultimo episodio di un telefilm (con la gentile partecipazione straordinaria di Gene Simmons dei Kiss. Struccato, leonino e avvolto in una pacchianissima vestaglia leopardata). Avevi tirato fuori quel discorso come una possibilità da valutare, pur sapendo che tua figlia avrebbe disprezzato la pace di un sogno sintetico fatto di apette che volano in cerchio sulla linea limitata dell’orizzonte.
Pur sapendo che lei stava facendo di tutto per fingere di non avere quasi trent’anni solo per ritrovarsi lì, in un sonnecchioso paesino di campagna a sciupare i suoi giorni. Voleva ostinatamente illudersi di essere da qualsiasi altra parte: aCapo Verde o in Puglia, in Brasile o in Giappone, per essere come tutti gli altri, che in agosto hanno quelle due settimane di ferie obbligatorie e le spendono serenamenye in un ozio programmato per svuotare la mente.
Nemmeno a te quella situazione piaceva – così sinistramente simile ad un carcere pieno di regole e di obblighi a doppia madata – e cercavi di far finta che fsse tutto normale programmano mini-gite al mare condite da un’insalata che avrebbe scatenato paure atomiche, anche se il resto non sarebbe stato naturale, perché nessuno va alla spiaggia e si porta al bar la borsa frigo con dentro uno yogurt…

giovedì 4 agosto 2011

LILI MARLEEN canta Marlene Dietrich




04 agosto 2011
DICONO CHE …
Dicono che tua figlia fa paura, che non è rimasto più niente da consumare, che persino i suoi pensieri si sfumano come nebbia. La nebbia di settembre.
Alla radio dicono che il suo manager impose a Marlene Dietrich di togliersi dei denti per avere le guance più infossate
Dicono che sia giusto e normale che in campagna ci siano impurità nei tubi e che i topini-castagnola passeggino sui ripiani della credenza. E allora fai bollire l’acqua da bere e metti in salvo persino il tè nello stipetto,ma prima fai le foto (Scure e sfuocate) perché almeno non ti giudichino pazza.
Rispondi che non sei un tipo da idillio bucolico, che tutto è assolutamente legittimo ma tu preferiresti stare in città, in un appartamento pulito, igienizzato e sterile. Impersonale, questo no… Vivo nei colori e non nella sostanza.