domenica 28 febbraio 2010

DIANTHUS CARYOPHILLUS CABARET

Ho postato questo racconto nel tentativo di capire come si aggiungono link al blog, ma non ne sono venuta a capo... (sigh) Dato che così è incompleto, prego chiumque stia leggendo di cercare la traccia audio o video di GRAVITY dei DRESDEN DOLLS!



Il treno sbuffava lento, curva dopo curva, nella desolazione triste dei campi grigi di abbandono, nella pioggia di novembre. Tenute in rovina e cartelli sbiaditi che sembravano voler cancellare ogni ricordo di vita. Difficile immaginare l’esplosione rossa del mare di garofani dell’epoca del boom assurdo dei fiori ornamentali. Delilah di muoveva inquieta sulla poltroncina di vimini – testimonianza malinconica di un’eleganza passata e inutile -.
Nello scompartimento restavano solo due donne: le facce smunte, segnate dal tempo, i capelli raccolti sotto i fazzoletti neri del lutto perché sulle colline c’erano continuamente morti o scomparsi da commemorare, dietro alle finestre sprangate dalla diffidenza contadina.
Non aveva senso tornare, ora che non era rimasto più nulla, ma lei avvertiva il bisogno, l’urgenza di rivedere la casa di pietra scura della sua infanzia. Era partita con l’idea fissa di salire le scale d’ardesia spaccate dall’erba per inchiodare al muro la sua laurea nuova di zecca. In una cornice trasparente.
Da mesi rimandava il viaggio, facendo appello alla logica, nascondendo il timore irrazionale dei fantasmi e il rimorso. Persa nella nebbia anonima che avvolgeva la città, non era venuta nemmeno al funerale di chi le aveva fatto da madre. Non posso. Ho l’ultimo esame di architettura e poi...
Infondo era stata lei ad insistere perché frequentasse l’università.
Adesso, seduta nel vagone quasi vuoto, giocava con la collana e guardava il proprio riflesso tingersi di trasparenze cangianti contro il tramonto spazzato dal vento, sulla monotonia di un paesaggio ripetuto.
Sferragliante. Sordo.

Qund’era piccola accompagnava la nonna a controllare la proprietà. Ogni lunedì pomeriggio, montavano su una carrozza senza tettuccio che percorreva i sentieri di terra battuta e gli orti pieni di profumi, appesi sul mare. Aprivano i parasoli gialli e riannodavano i fili di una verità avvincente come una leggenda. Si raccontavano di un uomo arrivato lì dal niente sulla scia della folle corsa degli stranieri.
Tuo nonno Mathivet era il più ricco della regione, bambina. E il più potente. Non dimenticarlo mai.
No, non avrebbe mai potuto dimenticare.
Il rumore metallico della chiave nella serratura, la ruggine che girava sui cardini, il salone immerso nel buio. Aveva chiuso gli occhi, vorticando in quel delirio di foglie morte, nel centro vuoto del mondo. Mp3 acceso sull’universo immobile. La fantasia dava un suono digitale e vintage alla gola rauca del vecchio grammofono impolverato.
Ed ecco Diamanda. Languidamente sdraiata su una scese longue Luigi XVI, lungo bocchino d’ebano e platino, copricapo d’oro-cristallo, sguardo profondo di kajal importato, rotondità dolci e provocanti. Bellissima ed irraggiungibile in una foto mentale color seppia antico . Attrazione più che naturale.
Tutto appariva finalmente evidente. Delilah era là per presenziare a quella festa di spiriti ingialliti dalla crudeltà delle stagioni, per fermarsi ancora una notte e aspettare il padrone.
Era sempre stato così. I ricevimenti erano una maschera per vincere la noia della solitudine e sopportare l’assenza di un marito commerciante troppo impegnato ad accumulare denaro. Rientrava due volte l’anno e allora la recita finiva, si scacciava la servitù e si preparava una colazione piena d’intimità.
Questo era il suo compito: interrompere la danza, accendere il fuoco e scaldare l’acqua per il caffè – pungente aroma nero che invadeva la stanza –
E le era parso quasi di sentirlo, i suoi passi leggeri e distinti sui gradini, la figura sottile e gli impomatati baffi dagherrotipici prima che il sogno si riversasse nella realtà, concitato e devastante. Tre uomini alla porta: correvano, bussavano, gridavano. Ombre senza volto, ladri di memoria.
Questo terreno appartiene alla Compagnia, signorina.
Domani cominceremo gli scavi.
Se ne deve andar. Subito.
Ovviamente riceverà un indennizzo.
“Esproprio” “Indennizzo”... ? Li ascoltava senza capire e all’improvviso era troppo stanca per combattere, troppo debole per agire. Per questo aveva firmato le carte – NERO SU BIANCO –
e aveva lasciato sul tavolo la sua storia.
Un’intera esistenza svenduta per pochi soldi, per un monolocale comodo e soleggiato in zona signorile.

FLEMISH DOLLS

火山kazan – vulcano –


Don Eneas restava immobile nella quiete aspra del giardino degli aranci, le mani poggiate sul pomolo del bastone, il riflesso della nostalgia sul vetro vivo degli occhi ormai ciechi. Là verso l’oriente segnato dal ciclo caldo del sole, il vulcano sonnecchiava innevato e nero, guardiano millenario della città immobile. Non aveva bisogno della vista per indovinare ogni dettaglio della sua piccola realtà quotidiana: era vecchio e lui stesso aveva inventato i paesaggi tristi di un mondo scomparso. Era stato il migliore nell’epoca in cui le sedie avevano ancora un’anima calda di legno e paglia, prima che si comprassero i mobili in serie e i giovani finissero tutti imprigionati metropoli plastificate.

Non aveva più lavorato da quando aveva confezionato 15 rose con il prezioso broccato di Fiandra che un cliente gli aveva ordinato per un divano.
Non aveva più lavorato da quando aveva sepolto Lynn. Una ciocca bionda intrecciata nell’intelaiatura della sua ultima opera, per averla vicina per sempre. E da allora lei gli parla con la voce segreta degli Invisibili, continuando il racconto dolce della loro intimità.
L’aveva conosciuta nel profumo mediterraneo della zagara, nel susseguirsi giocoso dei giorni. Non le aveva chiesto nulla, se non la tranquillità innocente della felicità domestica e l’aroma speziato dei biscotti che cocevano in forno ogni mattina.
Un buon matrimonio si fa in cucina. Diceva.
Io penso al benessere dello stomaco e tu a quello del didietro !
Rideva, con il suo sorriso di perle bianche, e pronunciava “didietro” con uno sguardo malizioso, come se si trattasse della peggior parolaccia da osteria.
Lui a quei tempi non sapeva nulla del mondo, ma era stato certo di adorarla fin dal primo istante, nella musica allegra ballo di San Mahoma. L’aveva spiata per tutta la sera, da un angolo del patio del municipio, assentendo distratto ai successi professionali del Dottor Octaviano Sena Páez.
Lei volteggiava in una nuvola di sangallo azzurro.
L’aveva cercata tra la gente che tornava a casa ubriaca di speranze e di voti fatti a un dio svogliato.
Le aveva offerto le parole di fuoco del grande poeta e le stelle accese sul ciglio bollente dei crateri.
Era arrossita d’imbarazzo infantile, scavando semicerchi nella polvere della strada, poi lo aveva preso per mano per poter sfuggire alla prigione delle rigide convinzioni della sua famiglia di inflessibili banchieri calvinisti.
Forse lui era l’unico che l’aveva lasciata vivere senza giudicarla.
Non l’aveva rimproverata, inciampando nelle ciotole piene d’acqua di fiume per dissetare gli spiriti e, soprattutto, le concedeva di giocare con le bambole.
Se il vento ricopriva il villaggio di cenere rossa, sua moglie usciva di casa con un borsa di stoffa marrone che imbottiva di lapilli quasi fino all’orlo.
Questa è la tua nuova bambina
E aveva il tono perentorio, prostrato e soddisfatto della puerpera.
Eneas abbandonava il lavoro e mischiava erbe secche e fuliggine per cucire e modellare la fisionomia dell’ennesima principessa muta. Lynn non sarebbe mai rimasta incinta, ma andava bene così.

L’impagliatore ora ricorda ogni momento con la precisione sconcertante del rimpianto. Un ritornello che lo tormenta e non lo fa riposare: non avrebbe dovuto permetterle di scalare la montagna per cogliere fiori.
Si era persa, vagando nell’oscurità di boschi troppo fitti per i piedi degli umani. Magari aveva pianto fino a consumare la propria disperazione e poi si era addormentata nel verde intenso di una radura.
L’avevano trovata i cacciatori, tra le foglie rosse di ottobre e lo avevano chiamato. Ma un uomo non può reggere un peso simile e lui aveva smesso di vedere per non dover contemplare lo scempio immondo della Natura.
Aveva preso solo il sacchetto ed era scappato.
Ricreare la sua bellezza diafana era diventata un’ossessione abbagliante, finché le dita dell’esperienza avevano confezionato un minuscolo vestito di gala e la bocca tremante aveva immaginato un nome per il delicato odore blu di flora lavica.
Alisa.
Intrappolata con le sue sorelle silenziose in una delle cento stanze chiuse a chiave dalla solitudine e dalla rovina degli anni.
Giocattoli con uno scricchiolante cuore di passato remoto, da venerare con essenza alla vaniglia e micro-tazze di tè inglese.
Dando corpo al fantasma dell’amore eterno, l’aveva pregata di accompagnarlo nel pericoloso viaggio nel labirinto contorto della memoria. Per sapere in quale camera accendere le candele del ricordo.
Non conta più, lief. Non conta più.

sarin combination: rotten rotten flowers / poison trip

Se mi state chiedendo che cosa mi abbia spinto, la riposta è semplice: non ne ho idea. Forse è stato per noia. Non cerco la salvezza; sono lontana anni luce dalla religione.
Qualcuno mi ha accusato di essere debole, suggestionabile, ma non è questo il punto o almeno non è la sola spiegazione.
Casalinghe che si dibattevano come pesci sui marciapiedi dei binari , spasmi involontari prima dello stato vegetativo assoluto. Pazzesco. Una donnina piccola e paffuta, scarpe basse e collant velate. Arance sparse sull’asfalto.
Uno studente dall’aria seria e composta: occhiali e cartella di cuoio nera; si preparava diventare l’impiegato modello di una grande azienda. Poveraccio, magari ne era convinto. Una volta anch’io ero così: ordine e precisione maniacale negli appunti ricopiati con pennarelli diversi sul quaderno. I professori erano allibiti quando ho preso il primo quattro. Ho tagliato l’uniforme scolastica e l’ho customizzata con l’aerografo. Tre mesi dopo ho lasciato il liceo.
Ero stanca. Basta .
Non vi illudete: mi avete presa perché mi sono bloccata invece di correre subito verso il tunnel dell’uscita d’emergenza della stazione. Volevo raccogliere stupidi frammenti di vita cristallizzata. Ho capito benissimo che ora c’è un uomo che mi spia oltre il vetro schermato attraverso la
micro-camera camuffata da termostato. Mi credete davvero tanto ingenua? Innanzitutto, se quel condizionatore funzionasse sul serio, l’aria sarebbe respirabile, qui dentro e invece mi sento soffocare e i vestiti mi si incollano addosso.
Poco fa è comparso un poliziotto in borghese: faccia da gradasso, completo marrone spiegazzato e alito che sapeva di caffè. È rimasto sulla porta a fissarmi, senza interrogarmi; mi sarei aspettata botte, grida, scosse elettriche e invece no: la tortura peggiore è il silenzio. Non corrispondo al vostro concetto di alieno? Vi ho spiazzato, ma vi state divertendo. Vi hanno riempito la testa di corsi
anti-terrorismo infilandovi a forza – per ore – in asettiche tute spaziali, ma non siete preparati ad affrontare un’adolescente. Gonna plissettata, camicetta con infantili maniche a palloncino, trecce legate da un grande fiocco azzurro.
Mi chiamava Sarah K, accarezzandomi la testa e il suo sorriso mi scioglieva il cuore.

Resto muta. Moventi? A leggere i giornali la nostra è una generazione vuota, inconcludente.
Ma non mi va di essere interpretata e studiata. Prendete nota. Tutto quello che dirò potrà essere usato contro di me in tribunale...
... Ah, sì,dimenticavo: ho diritto ad un avvocato...
...Selene ha studiato giurisprudenza, mi pare. Ma io e lei siamo troppo diverse. La sua scintillante fuggevolezza bionda, gli occhi verdi, l’eleganza naturale dei gesti...
Comunque oramai è tardi. Mi avete portato via il cellulare con la scusa di esaminarlo con tecnologie da laboratorio. Smontatelo, riducetelo a pezzi: circuiti, fili e schede integrate che ingabbiano comunicazioni ininterrotte e disegnano la mia routine.
Non scoprirete nulla su Hamlet
Non è così sprovveduto da farsi incastrare da giochetti alla CSI. Ha buttato via il suo vecchio Blackberry da un paio di settimane. Nessuna traccia.
Ieri vi ho detto che vi avrei parlato di lui, ma mi avevate promesso una Chesterfield che poi non s’è vista: avrei confessato qualsiasi cosa per mancanza di nicotina. In ogni caso, sembra che quel che posso rivelarvi non vi interessi. Non mi ha mai raccontato molto, in fondo. Persino il suo nome è fittizio, nient’altro che un nickname un po’troppo pretenzioso.
Penso che frequentasse uno di quegli istituti privati dei quartieri alti. Era stato cacciato per aver costretto un ragazzino a tagliarsi un dito col temperino. Via. Di netto. Schizzi pulp sul muro della sala del club di artistica. Non sono sicura che la storia sia vera. Peccato, era così brillante! Chi se lo sarebbe mai aspettato!
Certo che la dea Benten circondata dai fiori di ciliegio sulla sua schiena....
Aveva qualcosa di strano. Non era normale!
L’avevo conosciuto ad un raduno di aspiranti suicidi nell’assurda calura di un’estate urbana. Non che volessi morire o roba simile: mi ero iscritta per incontrare gente nuova, sarei arrivata ad un passo dalla fine dando forfait un attimo prima di chiudere la sicura delle portiere della macchina. Tavolette di carbonella compressa da bruciare in piccoli spazi claustrofobici
Capita spesso che alcuni scappino con l’ultima corsa della metro e tornino nelle loro buie camerette nerd.
Non noi. Avevamo cominciato a vivere insieme come se fossimo sempre stati fratelli. Io, che non avevo mai ricevuto affetto, abbracciavo con lo sguardo i fiori freschi che profumavano la luce dorata di quell’appartamento al sedicesimo piano.
Mi dispiace, non so dove sia adesso. Ha preso 13 fialette di sarin e se n’è andato. Sparito in qualche zona affollata del centro nell’ora di punta. Non mi stupisce che non abbiate ancora ricevuto la chiamata. Ovvio. “Lasciar calmare le acque”: è questa la sua filosofia. Avevamo appuntamento da McDonald’s per il pranzo – milk shake alla fragola e insalata di pollo –
controlez vôtre menu, s.v.p.
Se solo avessi seguito le istruzioni non avreste profanato il nostro rifugio. Non è rientrato a casa, vero? Cosa avete trovato?
Pavimenti pulitissimi ed iris in putrefazione.